venerdì 14 luglio 2017

Questione migranti

Chiunque abbia adottato uno sguardo complessivo, a volo d'uccello, sulla "questione migranti" avrà notato che ogni problema che li riguarda deriva dalla presunzione dell'esistenza di una proprietà di qualcosa e dei recinti (murari o confinari, o portuali) che delimitano tale proprietà.
Un migrante che varca queste limiti, entra in casa nostra, è un invasore, o un ladro, o un ospite (per i più accoglienti) che - come dice il proverbio - puzza dopo tre giorni come fa il pesce.
Quindi, come contenere questa invasione? come difenderci da essa (ricordo che chi teme l'invasione del proprio campo vitale denuncia una condizione pre-psicotica), come respingerla, come punirla?
Aiutiamoli in casa loro, suggerisce, a turno opportuno, qualcuno. Ma, appunto, questa idea deriva dalla presunzione che loro abbiano una casa "loro" e che noi ne abbiamo una "nostra". Come definire il diritto a questa proprietà? E' nostra ad esempio una casa che il terremoto ha demolito? E come impedire l'occupazione di una casa rasa al suolo, da parte di chi la attraversa camminandoci su?
La risoluzione della questione migranti è nell'abolizione dell'idea di proprietà, di territorio, di confine, di difesa di un pezzo di qualcosa; perché se non ci fosse questa categoria mentale, si sarebbe costretti a fare le valutazioni che le antiche famiglie contadine facevano una volta, quando, in povertà, la donna, già madre di cinque figli, annunciava all'uomo che ne sarebbe arrivato un sesto: si diceva che dove c'è da mangiare per sette persone, ce n'è anche per otto.
Questo ragionamento, necessario, si badi, di fronte all'ineluttabile, produce un atteggiamento dell'intera comunità famigliare che deve essere disposta a privarsi di un ottavo di quanto mangia per condividerlo con il fratello che arriva, ritenendo che il pane che c'è, è di tutti quelli che ci sono, e non di alcuni di loro; e mancando l'idea stessa di proprietà, sostituita da quella di condivisione di tutto poiché tutto è di tutti, nessuno dei fratelli potrebbe dire di aver diritto alla metà delle risorse mentre chi altri sette componenti la famiglia devono distribuirsi (magari in parti diseguali) l'altra metà.
Questo è il tema vero; ed è un tema che riguarda prima di tutto le coscienza individuali; solo poi diventa un tema politico. E ciò sulla spinta della Necessità, della quale occorre tener conto.
Un fatto come il terremoto ci insegna che non lo si può prevedere, arginare, o far cessare a comando; ma che non si può far altro che vederlo accadere e produrre cambiamenti nelle comunità, nelle persone che le compongono, nelle loro abitudini, nei loro rapporti, nelle loro proprietà che una volta ne facevano distinguere il ceto sociale e che ora - rase al suolo - li rende tutti eguali.
Questo è l'atteggiamento corretto per affrontare il tema "migranti"; e - come per il terremoto - non si tratta di ri-costruire strutture, e rapporti, identici a quelli che c'erano prima, ma osservare quello che l'evento suggerisce alle coscienze e come si imponga una totale revisione dei rapporti umani e dell'idea stessa di "sociale".
Le migrazioni continueranno; la gente del Sud del mondo (non importa per quale motivo esteriore) salirà e spingerà quella del Nord ancora più a Nord; l'Umanità tutta sarà costretta a convivere in uno spazio dimezzato e dovrà imparare a gestirne le risorse condividendole; la solidarietà soltanto potrà eliminare la delinquenza che nasce esclusivamente dall'idea di possesso e di difesa di tale possesso; le razze non potranno che diventare una sola razza, quella Umana. quella che costituisce il Quinto Regno naturale, e insieme scavalca ogni Regno Naturale perché va oltre il Naturale e realizza quella qualità sovra-naturale che è insita nell' Uomo realizzato. L'Uomo Intero.
Questo processo non lo si può fermare, è così maestoso e così totale che semplicemente parlare di confini o di case proprie o no risulta infantile; ogni tentativo che venga fatto nella cecità di questo processo sarà solo un'interferenza, niente di più.
Bisognerebbe rendersi conto di questo, e prepararsi, come individui insieme, a diventare gli Uomini che non siamo mai ancora stati. Perché non potremo far altro, o almeno non potranno far altro quelli che, resisi consapevoli, saranno pronti al mutamento.



venerdì 7 luglio 2017

Bello

Solo ciò che è utile può legittimamente aspirare all'armonia che lo renderà bello.
Il bello, nell'inutile, è sempre fatalmente grottesco.
Ciò vale per ogni opera, e massimamente per ogni opera vivente qual è l'Uomo.



mercoledì 14 giugno 2017

Libertà come diritto, libertà come rovescio

Finora l'idea di libertà è stata intesa come "libertà dal bisogno, libertà dalla paura", oppure come "libertà di scelta", a seconda che si ponesse l'accento su cosa o chi la togliesse all'uomo, o su cosa l'uomo se ne dovesse fare.
Oggi tutta l'Umanità ha bisogno ed ha paura; e quindi, non avendo libertà, non si pone neanche il problema di come usarla. A parte, certo, quegli atti formali (come le elezioni) che ne sembrano esercizio, ma che sono - di fatto - vacui ritualismi.
Non molti, riflettendo sulle condizioni globali in cui l'Umanità versa, si sono accorti che - come per molte altre cose in questi tempi - causa ed effetto si sono scambiati le rispettive polarità. Dal che deriva che il bisogno e la paura non sono causa di perdita di libertà, ma effetto dell'assenza di scelte.
Come ho detto altre volte, la scelta presuppone almeno una dualità (di possibili); quando invece l'Unità la riassorbe in sé, non c'è più scelta, e la possibilità diventa Necessità; più che bisogno.
Questo dovrebbe (e non mancherà di farlo, alla lunga) mutare le coscienze. Perché diverso è l'animo di un viaggiatore che si trovi su un lungo rettilineo senza diramazioni e che non possa tornare indietro, né fermarsi, dal momento che il suo andare si chiama vita. Costui non può che osservare cosa ha davanti man mano che avanza, pronto a reagire se necessario; la paura sarebbe quella di non saper affrontare la difficoltà ignota che si presenti, ma soprattutto la percezione che - della sua vita - sia padrone qualcun altro.
Questo è il momento che vive la sovra-coscienza complessiva dell'Umanità, e che - individualmente - ognuno percepisce come sua propria. E questa è un'altra, necessaria, presa d'atto del fatto che qualcosa è davvero fattore di cambiamento globale solo quando ciò che è singolare è anche, e totalmente, plurale; cioè quando si insedia l'Unità Unica.
Quelli attenti ai fenomeni la chiamano globalizzazione, ma non è un'ammucchiata come la parola sembrerebbe adombrare: è una essenzializzazione.
Paradossale come questo fatto, che è il compimento - se vogliamo glorioso - di una promessa persino evangelica fatta all'Uomo, lo terrorizzi tanto..., ma a terrorizzarsi è appunto l'uomo, non l'Uomo che con ciò si realizza e che si esalta alla scoperta che è nel non avere scelta che si esprime, totale e reale, la propria Libertà.

Colpire di rovescio


martedì 13 giugno 2017

Il sogno di Giano

Non si tratta di essere guardiani della soglia, che si voglia dare a questa funzione un carattere negativo o positivo, spaurente o rassicurante: si tratta piuttosto di essere la soglia.
Questa posizione è necessariamente statica, perché permanente. Non è quella della porta, capace di girare sui propri cardini per chiudersi o aprirsi, ma quella del limen.
Se il nome di questa porta è Janua (in latino), il nome del limen è il suo maschile, Janus.
All'origine del ciclo (Giano è un dio delle origini, un demiurgo creatore, un iniziatore di cicli) egli è sintesi di due aspetti, il femminile e il maschile, ché è nella loro unione che i varchi possono aprirsi o chiudersi, e più precisamente nel tempo limitato in cui essa si realizza sul piano fisico (non solo metafisico!). L'unione infatti stabilisce quella parziale sovrapposizione (la superimposizione cosmica di W. Reich) di manifestato e non-manifestato che è un ambiente - assai provvisorio -, un habitat per ciò che essendo, si sta appalesando sul piano dell'esistente. Quel luogo è molto simile alla foce di un grande fiume in cui acque dolci e salate, fredde e calde, si mescolano agitandosi. Quello è un varco, ma anche utero in cui forme nuove si producono e si accrescono.
Alla fine del ciclo, Janus è il varco in sé, e le due facce non rappresentano più una dualità (di qualsiasi natura), dal momento che l'Unità la ha riassorbita, ma piuttosto lo sguardo contemporaneo non sul passato e sull'avvenire (come è comunemente inteso) ma quello circolare e immediato sul Tutto che è diventato Uno..
L'elemento di diversificazione delle acque fiumane e marine è il sale, e basta ritirarlo perché la diversificazione non vi sia più, non vi sia più il varco e le nuove manifestazioni non possano più rendersi tali.
Ma se non ci fosse più il sale, ogni acqua sarebbe dolce, ogni acqua sarebbe acqua di fiume e non si potrebbe parlare più di mare in quanto funzione materna, matrice o brodo primordiale... esisterebbero solo le acque fredde e dolci, quelle paterne che scendono a riempire ogni depressione, ogni vuoto, dalle vette delle loro fonti.
Giano cessa la sua funzione e si addormenta. Non dormirà di giorno, né di notte, complementari ormai riassorbiti... non dormirà nel tempo, ma il nuovo ciclo sarà forse il sogno che farà.

giovedì 8 giugno 2017

Dei miracoli

C'è chi, sapientemente, ha detto che "il miracolo è come il sorgere del sole: esso preesiste nell'ordine divino e si manifesta soltanto in funzione di un'apertura umana; così il sole appare perché la terra si volge verso di lui, mentre in realtà è immobile rispetto alla terra. La natura è simile a un velo mobile davanti a una soprannatura immobile". (1)
Per questo il miracolo, che è permanente, è invisibile e quindi per definizione non manifesto, dunque inattuato, finché il possibile miracolato non gli si volga e lo veda. L'attuarsi del miracolo, ancora una volta, è una questione di coscienza.
Si dice che esso si realizzi quando il credente ha fede: e ciò è molto vero quanto molto incompreso. La fede è una condizione - anch'essa della coscienza - per la quale ogni cosa è percepita nella sua contemporaneità e non nella sua sequenza temporale, cosicché quanto si vede realizzabile (in futuro) è con questa visione reso realizzato (nel presente); la fede non è speranza, è visione. E la visione non è senso della vista ma percezione istantanea e permanente del tutto. Quindi è da distinguere chi ha fiducia da chi ha fede, poiché la prima cosa è un sentimento, la seconda una facoltà che - giustamente - viene dichiarata "dono di Dio".
Fare miracoli è volgere lo sguardo all'Essenziale, osservarne un aspetto e con ciò realizzarne la qualità nel manifestato: una cosa simile a guardare Gesù senza riconoscere il Cristo; o, all'opposto, vedere il Cristo attraverso la velatura trasparente di Gesù.

La fine di un'epoca è contrassegnata dall'ispessimento del velo, tale da rendere impossibile attraversarlo con lo sguardo perché diventato materia pesante; e quel velo è, lo ripetiamo, coscienza. Impossibili dunque i miracoli, impossibile vedere la soprannatura immobile...
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(1) F. Schuon

Piazza dei Miracoli


martedì 6 giugno 2017

Singolarità

L'uomo che possa autodefinirsi individuo, e dunque "singolarità", si renda consapevole di essere - perciò - una stella collassata.

lunedì 5 giugno 2017

Buchi (neri)

Le poche frasi che seguono sono estrapolate dal testo di un paio di lezioni divulgative tenute da Stephen Hawking per la BBC, con l'intervento di un giornalista (che qui riporto in blu) che contribuisce a chiarirne alcuni punti.
Chiunque abbia avuto la pazienza di frequentarmi e si sia convinto che la Conoscenza sia avvicinabile per via analogica molto meglio che per via analitica, vi troverà forse degli spunti di riflessione non sulla fisica teorica ma sulla propria esistenza contemporanea e su alcuni dei temi più radicali che turbano le coscienze incapaci di comprendere i mutamenti in corso.

"...una stella sferica, simmetrica e uniforme sarebbe destinata a contrarsi fino a ridursi a un singolo punto di densità infinita. Questo punto viene chiamato singolarità... Una singolarità è il risultato a cui si giunge quando una stella gigante si contrae in un punto incredibilmente piccolo... non si riferisce solo alla fine di una stella, ma anche a un'idea molto più fondamentale riguardante il punto d'inizio della formazione dell'intero universo."

"Anche se durante la vostra caduta in un buco nero non notereste nulla di particolare, un osservatore remoto non vi vedrebbe mai attraverso l'orizzonte degli eventi. Ai suoi occhi, il vostro moto subirà un progressivo rallentamento e il vostro corpo sembrerà librarsi appena sopra l'orizzonte. La vostra immagine si farà via via più debole e più rossa finché non sparirete del tutto alla vista; a quel punto, per quanto riguarda il mondo esterno, sarete perduti per sempre."

"...l'intero spazio è pieno di coppie di particelle e antiparticelle virtuali, che continuano a materializzarsi a due a due per poi separarsi e tornare infine a unirsi annichilendosi a vicenda.
[...] Ora, in presenza di un buco nero, un membro di una coppia... potrebbe cadere nel buco, lasciando così l'altro membro senza il partner necessario per la propria annichilazione. La particella (o antiparticella) rimasta sola potrebbe a sua volta cadere nel buco nero dopo la sua compagna, ma potrebbe anche riuscire a fuggire allontanandosi nello spazio esterno, dove apparirebbe come una radiazione emessa dal buco nero."

"... è possibile cadere in un buco nero per poi uscire in un altro universo? ... ciò potrebbe essere possibile... non si potrebbe però tornare nel nostro universo... Il messaggio che vorrei lasciare è che i buchi neri... non sono quelle prigioni eterne che credevamo. Le cose possono uscire da un buco nero sia in questo universo sia - magari - in un altro. Così se vi sentite in un buco nero, non vi arrendete: c'è sempre una via d'uscita!"

Infine, tratta dalla postfazione di M. Cattaneo, direttore de "Le Scienze":
"All'inizio del 2016, [...]  l'11 Febbraio le collaborazione LIGO e Virgo hanno annunciato la prima osservazione diretta delle onde gravitazionali previste dalla relatività generale. Il segnale misurato è stato prodotto dalla fusione di due buchi neri rispettivamente di 36 e 29 masse solari che cadevano l'uno verso l'altro in una traiettoria a spirale. E' stata dunque anche la prima osservazione di un sistema di buchi neri."

Vi sono molti altri spunti di riflessione, e molte argomentazioni che chiariscono come si giunge alla formulazione delle frasi che ho estratto, ma li lascio scovare a chi vorrà leggere questo facile librettino.