martedì 4 dicembre 2018

"Io sono la Verità totale"

Rileggendo il discorso di J. Krishnamurti (che qualcuno gentilmente ha postato per il piacere di chi scrive e di chiunque) con il quale Egli scioglieva l'Ordine della Stella nel 1929, ho trovato una corrispondenza davvero singolare tra l'affermazione che Egli fa:
...io sono libero, incondizionato e intero (non parte, non relativo, ma [sono] la Verità totale che è eterna)...
e
An'al Haqq  [Io sono la Verità, o il Vero]
che con altrettanta determinazione (in questo caso estatica) fa Al-Hallâj, il cardatore d'anime, noto anche come "il Cristo dell'Islam" proprio perché la succitata affermazione gli costò la tortura e la crocifissione.
Per entrambi questi Maestri (ché questo sono) non era necessario avere seguaci, e anzi non ne cercavano; ma ne avevano, in numero limitato (se si contano solo quelli che dalla loro vicinanza diretta ricavavano un beneficio spirituale reale) e tali - per vicinanza intima - da essere considerati amici piuttosto che allievi.
Né il primo né il secondo voleva organizzazioni umane attorno a sé, e ciò perché ogni organizzazione umana si struttura in un modo che nega le condizioni necessarie al conseguimento della Verità; l'organizzazione cui Krishnamurti pensava invece era questa:
Coloro che vogliono realmente conoscere, coloro che cercano davvero ciò che è eterno, privo di inizio e privo di fine, cammineranno insieme con grande intensità e costituiranno un pericolo per tutto ciò che è inessenziale, per le irrealtà, per le ombre. Essi si uniranno e diverranno una fiamma, perché comprendono. Voglio creare un’unione così, questo e il mio scopo. Dalla vera comprensione nascerà vera amicizia. Dalla vera amicizia, che voi non sembrate conoscere, nascerà vera cooperazione reciproca. E ciò non a motivo di un’autorità, non in virtù di una salvezza o perché ci si è immolati per una causa, ma perché comprendendo davvero viviamo nell'eterno. Questo supera il maggiore piacere e il più grande sacrificio.
Ma di quelli che vogliono realmente conoscere, aggiungeva, ce n'erano quattro o cinque al mondo, il che esclude ogni possibilità di aggregazione organizzata. E il luogo d'incontro di questi amici non può che essere "un luogo reale e virtuale, fisico e metafisico", non un'organizzazione...

Questa nota però serve solo a sottolineare che vi sono stati, vi sono e vi saranno Maestri nei quali la Verità è incarnata; in forma parziale o anche totale, a volte, nella storia spirituale - che significa evolutiva - dell'Umanità. Essi non possiedono la Verità, sia chiaro! ma ne sono posseduti e a tratti, quando la Verità vuole, la esprimono producendo fatti reali. Essi non insegnano dunque con le parole o con gli scritti, ma con la Presenza. Senza questi Maestri nessuna evoluzione sarebbe stata possibile né lo è oggi, cosicché si può pure affermare che bisogna cercare la liberazione da ogni forma di organizzazione umana, specie se religiosa, ma certo questo non significa che si possa fare a meno dei Maestri... il rischio è quello, se no, di sentirsi onnipotenti e di convincersi - molto erroneamente - che per raggiungere il Vero basti uno sforzo di buona volontà.

Astrattismo

Dio, Spirito, Amore non sono parole che indicano concetti astratti il cui valore è lasciato alla libera sensibilità di ognuno.

Rappresentazione astratta
Sono i nomi di qualcosa di molto concreto che non è sperimentabile dall'uomo in condizioni originarie, basiche; così che a costui queste concretezze risultano maneggiabili quanto le funzioni neurofisiologiche in un attacco di panico: per nulla, senza chi ti insegni come fare.
Ma è comprensibile come la tendenza dell'homo naturalis sia quella di negare (a-gnosco) ciò che non può maneggiare, che non vede, e su cui non ha potere. Comprensibile che ne faccia persino orgogliosamente una ideologia liberale.
Meno comprensibile è che egli non si adoperi con tutte le sue forze per guadagnare umilmente le competenze che gli permettano di attingere a più elevati stati di conoscenza, cominciando con l'ammissione - essa davvero umana nel senso più nobile, e per questo degna del massimo rispetto -  che non ne ha.

Accordi

Quando qualcuno si dichiara d'accordo con me, mi chiedo sinceramente se io non abbia detto qualcosa di tanto banale da dovermene scusare: a che serve dire cose che tutti sanno già, annoiando la gente?

lunedì 3 dicembre 2018

Domande serie

Un tale, che aveva domande esistenziali impellenti, cercò e trovò il solito saggio eremita. Giunto faticosamente alla caverna di lui, che sedeva immobile come fanno i saggi eremiti, gli chiese:
-"Maestro, qual è il significato della vita?"
-"Molti mi hanno posto questa domanda, e molte volte ho risposto, ma ogni volta tu non c'eri."
Sconcertato, dopo qualche secondo di pesante silenzio, il cercatore di verità chiese ancora:
-"Maestro, è possibile accedere all'immortalità?"
-"Molti mi hanno posto questa domanda, e molte volte ho risposto, ma ogni volta tu non c'eri."
-"Che fare dunque per ottenere risposte?"
-"Torna a casa e mentre viaggi cerca con il ricordo di dare risposta a una domanda che farai a te stesso: dov'ero mentre si dava risposta alle poche domande serie che un giorno mi sarei fatto?"

domenica 2 dicembre 2018

In democrazia

In democrazia è definito "libero" l'uomo cui il Potere concede di scegliere da sé i propri padroni tra un novero di propri rappresentanti individuati dal Potere.

Mentori

Il tema di un percorso psicoterapeutico è per alcuni "la guarigione", per altri "l'evoluzione". Le due predisposizioni conducono a distinti approcci, anche tecnici. Ma soprattutto a diverse valutazioni dello stato di disagio che il paziente - certamente - lamenta.
La guarigione, che è normalmente considerata come il ripristino della condizione precedente all'emergere del disagio, richiede una analisi attenta delle ragioni che l'hanno generato, e allora si parla di traumi (più o meno infantili) e ci si riferisce quindi alle psico-dinamiche particolarmente nei periodi dell'età evolutiva: si cercano cause per trovare la cura, che in genere, secondo l'idea classica di psicoterapia, consiste nell'abreazione, cioè nel riemergere liberatorio dei contenuti affettivi ed emozionali del trauma, rimossi nell'inconscio. Nonostante il passare degli anni (120 circa dalla formulazione di questa idea), e l'evolversi del pensiero relativo, sostanzialmente il fatto che ognuno serbi nelle profondità del sé oscure cicatrici il cui dolore è ancora attivo, permane.
L'altra posizione, quella "evolutiva" è invece più attenta allo status quo, e considera il "passato" in genere come irrilevante in funzione del superamento del disagio. E' un modo più primitivo (questa psicoterapia è millenaria) di considerare il problema, più vicino forse a certi credi animistici per i quali il malato era posseduto da spiriti maligni... nel senso (e solo in quel senso) che il disagio /spirito maligno è attivo nel qui e ora e nel qui e ora va scovato e affrontato. Per chi adotta questa posizione conoscitiva, il disagio è una opportunità - per quanto dolorosa - in quanto sintomo di una crisi o conflitto che deve essere risolto, e lo spirito non è dunque affatto maligno, ma al contrario un benefico coercitore a non permanere in una situazione mortifera.
Purtroppo - come chi scrive ha avuto modo di rimarcare più volte - lo psicoterapeuta ha il dovere di impegnarsi per corrispondere alle richieste del paziente, e se queste richieste sono di guarigione (nel senso poco fa attribuito al termine), egli deve rinunciare al progetto evolutivo, rispettosamente.
Ora, sono assai pochi coloro che essendo stati bene, e stando male nell'attuale, sappiano aspirare a un bene ulteriore che non conoscono rispetto a un bene noto, sebbene da ritrovare mediante una sorta di impossibile inversione della freccia del tempo.

Chi si volesse dunque proporre come adiuvatore nei processi evolutivi, troverebbe pochi "clienti" e proverebbe certo quel senso di solitudine che lo stato di quasi isolamento in cui si trova non può che generare; d'altronde questa funzione di psicopompo (1) che egli si impone contiene in sé quell'umiltà profonda che contraddistingue quelli che i problemi non li risolvono, ma li pongono... e i problemi - come diceva un illustre psichiatra - sono tali per definizione solo quando hanno una soluzione: chi si trova in una situazione dolorosa di conflitto e in crisi esistenziale, si sente in un vicolo cieco, non ha soluzioni... quindi proporre il problema, è proporre una via d'uscita, la soluzione, che c'è! anche se dovrà essere il paziente a trovarla.
Eppure lo psicopompo non è un Maestro, ma un uomo esperto e dotato di conoscenze sufficienti a guidare altri uomini meno esperti; al più è uno che consegna tali uomini (se ha una strepitoso successo) al Maestro. Ripetiamo: il Maestro non è un uomo, e, al più, un brav'uomo esperto, saggio, sincero e disinteressato, può aspirare all'appellativo di Mentore o - si direbbe oggi - di "counselor esistenziale".
Aggiungeremo - in camera caritatis - che il Maestro di cui si parla non ha alcuna delle qualità umane, umanistiche ed umanitarie che sono richieste a un Mentore, soprattutto il dubbio... sia detto con un sorriso. 
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(1) Termine che è usato qui in senso strettamente etimologico di "conduttore d'anime".

sabato 1 dicembre 2018

Inviluppi e sviluppi

La discussione sui temi dello Spirito è sempre dolorosa, perché discutere significa che chi lo fa ha opinioni diverse.
Poiché il Vero non è un'opinione (come più volte ha affermato chi scrive), ma appare nella sua chiarezza a chi Egli vuole e al di là di ogni possibile interpretazione, quando ci si trova di fronte a opinioni diverse, certamente non ci si trova davanti alla Verità.
Inoltre, le opinioni diverse indicano scissione dell'Unità (che è un altro nome della Verità) e questo procura dolore (persino fisico!) in chi cerca l'Unità: poiché la si trova solo in un certo stato di coscienza, e la discussione ne richiede un altro, essa è di per sé un allontanamento dalla Verità/Unità... e quanto più si discute, tanto più ce se ne allontana.
Questo è purtroppo vero anche in ambiti diversi da quello spirituale, ma in quest'ultimo l'idiosincrasia emerge con forza maggiore, perché ne costituisce una negazione in termini: dunque si discute attorno a una Unità che la discussione distrugge. Ciò si manifesta violentemente soprattutto quando la discussione è tra sé e sé, tendenza questa forte nei cercatori di verità, e certamente sostenuta in buonissima fede.
In queste occasioni viene tradizionalmente suggerito ai neofiti di "pensarsi Uno" e viene loro anche indicato qualche metodo - di solito respiratorio - che li aiuti a trovare quello stato. Ma è difficile, perché l'uomo è duale... etc.
Non intende quindi chi scrive accettare di discutere producendo con ciò l'opposto di quel che intende produrre, ma si limita - quando può - a suggerire temi di riflessione non conflittuali, ma armonici con la riflessione precedente di cui possano costituire uno sviluppo.

Un inviluppo