domenica 4 marzo 2018

Roba rotta

Le cose che si rompono, o si usurano, possono essere riparate per ripristinarne l'intera funzionalità solo se si dispone dei mezzi necessari per farlo: risorse economiche, strumenti e materie prime.
Arriva sempre, comunque, un momento in cui vi è una mancanza di mezzi e il danno diventa perciò irreparabile; in genere ciò coincide con il fatto che la cosa rotta non servirebbe più neanche se venisse riparata. Anzi essa è un ingombro, un rifiuto difficile da smaltire.
Dal momento della rinuncia alla riparazione alla distruzione totale della cosa rotta, c'è un tempo di latenza, una sospensione di ogni divenire che non sia rivolto alla dissoluzione e alla disgregazione dei legami molecolari che fanno della cosa una cosa. Se se si potesse osservare il fenomeno al microscopio, si vedrebbero le molecole e gli atomi distaccarsi da un nucleo virtuale che li teneva uniti, magneticamente, come un polo, e fluttuare prima attorno e poi sempre più lontani dal nucleo, in attesa che qualche nuova aggregazione possa formarsi spontaneamente. Umanamente parlando, è questo il fenomeno delle migrazioni di massa.
Ebbene, siamo nel periodo di latenza della "cosa rotta".
Sebbene tutto ciò si sappia, anzi si veda, anzi: si senta così fortemente da appartenere al vissuto di ogni essere che goda di qualche coscienza (che vuol dire coerenza quantistica), si finge che la cosa rotta sia risanabile, con una disperata e sesquipedale ipocrisia, il cui scopo è solo di far soldi persino smaltendone il rifiuto.
Infine, chiunque sia dotato di tale coscienza, che è pure un segno di "legame" quantistico indistruttibile tra tutte le briciole del Vivente, sente forte il desiderio - invero vitalissimo - di condividere la latenza e la dissoluzione per contribuire a creare legami del tutto nuovi e forme del tutto sconosciute (ancora) agli umani.



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