mercoledì 27 giugno 2018

Riflessioni di un osservatore

La semplicità è l'essenza di una raffinata complessità,.
La rozzezza è l'essenza di una volgarità caotica, e  - negli uomini -, come suggerisce lo slogan di un mangime, "nutre la loro voglia di essere animali".

martedì 26 giugno 2018

Messe a fuoco

La rivelazione è una subitanea quanto inaspettata posizione della coscienza che consente una visione: pressappoco come quando, osservando nel mirino di una macchina fotografica, le molte macchie di luce si trasformano in chiari oggetti in grazia del posizionamento dell'obiettivo su una determinata lunghezza focale; ciò che è sul piano di quella lunghezza risulta chiaro e collegato a definire un "quadro"; mentre tutto quello che è su altri piani, più lontani o più vicini non importa, si sfoca e perde dettagli, confini e consistenza.
La rivelazione è una istantanea "messa a fuoco"; la coscienza è quel "fuoco".
"Mettere a fuoco" però è espressione che significa anche "gettare tra le fiamme" qualcosa; e chi lo fa può essere animato da due opposte motivazioni: distruggere quel qualcosa, o alimentare piuttosto un fuoco per generare calore e luce.
Così una messa a fuoco ottica (o visionaria) distrugge la consistenza di tutto ciò che non è sul piano focale, per dar luce, definizione, contorno, realtà e calore vitale ed emotivo a quanto vi si trova.
Questa, è una rivelazione; e quale sia la distanza focale che la consente è definito dall'osservatore.
Al quale può essere rivelato come - essendo innumerevoli i piani focali possibili -  la consistenza del Reale sia ottenibile e insieme verificabile solo quando si decida di porre il fuoco su "infinito"∞, ottenendone una visione non planare, ma complessiva ed unitaria, nella profondità.
Questa, è la coscienza (e la visione) dell'infinito.

Vi(t)e

Chiunque costruisca la propria vita con la consapevolezza che essa debba portare da qualche parte, è costretto a considerarla come una specie di strada: ogni giorno è allora un metro da aggiungere.
Mentre è certo che la vita non possa essere che una strada da percorrere, è incerto il modo in cui questo venga compreso e - se sì - il valore che alla costruzione di essa si attribuisce: la strada è uno strumento per andare da qualche parte? o è uno strumento perché altri possano raggiungerci?
Pare una questione di poco conto, e invece è una questione cruciale perché, nel primo caso, ogni giorno ci rende diversi, in quanto ci obbliga a spostarci dalla posizione precedente per raggiungerne una un metro più avanti: nel secondo, ci lascia sulle nostre posizioni e ci mette in uno stato di attesa degli eventi e dei visitatori che vorranno avvicinarsi.
Vivere in un modo o nell'altro fa una grande differenza. Anche se si tratta esclusivamente di una posizione della coscienza, o della psiche in genere, dal momento che per avanzare al fine di costruire un metro di strada in più si è obbligati a muoversi dalla posizione precedente, anche se per tornarvi subito dopo... e anche se ogni strada che ci porti da qualche parte consente anche sempre, a chi voglia raggiungerci, di farlo; tanto che - se non volessimo andare da nessuna parte -, nessuno ci potrebbe mai raggiungere...
E' sempre sorprendente, per chi scrive, scoprire come ogni realtà che meriti di essere definita tale (e che non sia dunque una fantasia del pensiero) non sia altro che quello che la coscienza ha saputo costruire come reale. Questo inchioda chiunque alla responsabilità della propria felicità e degli eventi che lungo la strada si verificano, e che ognuno di fatto evoca, o meglio crea. Inchioda ognuno alla propria croce, alla propria morte e alla propria resurrezione.