martedì 26 giugno 2018

Vi(t)e

Chiunque costruisca la propria vita con la consapevolezza che essa debba portare da qualche parte, è costretto a considerarla come una specie di strada: ogni giorno è allora un metro da aggiungere.
Mentre è certo che la vita non possa essere che una strada da percorrere, è incerto il modo in cui questo venga compreso e - se sì - il valore che alla costruzione di essa si attribuisce: la strada è uno strumento per andare da qualche parte? o è uno strumento perché altri possano raggiungerci?
Pare una questione di poco conto, e invece è una questione cruciale perché, nel primo caso, ogni giorno ci rende diversi, in quanto ci obbliga a spostarci dalla posizione precedente per raggiungerne una un metro più avanti: nel secondo, ci lascia sulle nostre posizioni e ci mette in uno stato di attesa degli eventi e dei visitatori che vorranno avvicinarsi.
Vivere in un modo o nell'altro fa una grande differenza. Anche se si tratta esclusivamente di una posizione della coscienza, o della psiche in genere, dal momento che per avanzare al fine di costruire un metro di strada in più si è obbligati a muoversi dalla posizione precedente, anche se per tornarvi subito dopo... e anche se ogni strada che ci porti da qualche parte consente anche sempre, a chi voglia raggiungerci, di farlo; tanto che - se non volessimo andare da nessuna parte -, nessuno ci potrebbe mai raggiungere...
E' sempre sorprendente, per chi scrive, scoprire come ogni realtà che meriti di essere definita tale (e che non sia dunque una fantasia del pensiero) non sia altro che quello che la coscienza ha saputo costruire come reale. Questo inchioda chiunque alla responsabilità della propria felicità e degli eventi che lungo la strada si verificano, e che ognuno di fatto evoca, o meglio crea. Inchioda ognuno alla propria croce, alla propria morte e alla propria resurrezione.

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