giovedì 28 luglio 2016

Archeologia del sapere


Il Lavoro è simile a quello dell’archeologo, che scava per trovare un prezioso bene sepolto, antichissimo, una testimonianza della vita di qualcosa che non si osava sperare fosse mai esistito.

Il terreno di questo scavo è colui stesso che scava, e la Pratica è lo strumento con cui lo scavo, profondo e delicato, viene effettuato, nella pazienza e nell’attenzione.

Ogni volta esso rivela una piccola porzione dell’Essere, e lascia così immaginare il Tutto; ma ad ogni ulteriore porzione scoperta, il Tutto sembra doversi immaginare diverso, e sembra essere sempre più vasto di quanto lo si era osato immaginare.

Ciò dipende da un fatto particolare che solo sulla Via si verifica: è la Pratica a scavare, ma è la Pratica stessa – anche – a produrre quel bene sepolto che essa stessa porta alla Luce.

Perché solo sulla Via ciò si verifica? Perché l’archeologo porta alla Luce la testimonianza di ciò che è morto, la Pratica è vivificante e porta dunque alla Luce la testimonianza di ciò che è Vivo, e di ciò a cui solo il Vero dà Vita.


Scavando

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