"Pace
significa non passività ma vigilanza, «non l’assenza di lotta ma l’assenza di
incertezza e confusione». Anche chi sia avanzato al livello della
contemplazione, non deve mai desistere dall’impegno dell’azione, cercando con
sforzo positivo di acquistare virtù e rigettare il vizio. Prassi e teoria, la
vita attiva e la contemplativa, non dovrebbero
essere considerate come alternative, né come due stadi, cronologicamente
successivi, l’uno cessante quando l’altro inizia; ma piuttosto come due livelli
d’esperienza spirituale interpenetrantesi e presenti simultaneamente nella vita
di preghiera.
Ciascuno deve lottare al livello della ‘prassi’ fino al termine
della vita. Questo è il chiaro insegnamento dei Padri: «Il compito principale
dell’uomo è d’essere memore di se stesso al cospetto di Dio, e di aspettarsi
tentazioni fino all’ultimo respiro… anche chi siede nel deserto da eremita ha
sfuggito tre guerre: udire, parlare, vedere; ma c’è una cosa che deve
continuamente combattere – la battaglia che è dentro il suo cuore».
La Pacificazione è strettamente connessa con l’amore, ciò indica il contenuto dinamico e positivo del termine. Nella sua essenza fondamentale è uno stato di libertà spirituale, in cui l’uomo è capace di levarsi verso Dio con desiderio ardente. Non è una mera mortificazione delle passioni fisiche del corpo, ma anzi la sua nuova e rinnovata energia; è uno stato dell’anima in cui l’ardente amore per Dio e per l’uomo non lascia spazio che per le passioni capaci di elevare. A denotare il suo carattere dinamico, i Maestri usano la frase espressiva: al fuoco della Pacificazione. "
Nessun commento:
Posta un commento