sabato 13 agosto 2016

Il fuoco della pacificazione


"Pace significa non passività ma vigilanza, «non l’assenza di lotta ma l’assenza di incertezza e confusione». Anche chi sia avanzato al livello della contemplazione, non deve mai desistere dall’impegno dell’azione, cercando con sforzo positivo di acquistare virtù e rigettare il vizio. Prassi e teoria, la vita attiva e la contemplativa, non dovrebbero essere considerate come alternative, né come due stadi, cronologicamente successivi, l’uno cessante quando l’altro inizia; ma piuttosto come due livelli d’esperienza spirituale interpenetrantesi e presenti simultaneamente nella vita di preghiera. 
Ciascuno deve lottare al livello della ‘prassi’ fino al termine della vita. Questo è il chiaro insegnamento dei Padri: «Il compito principale dell’uomo è d’essere memore di se stesso al cospetto di Dio, e di aspettarsi tentazioni fino all’ultimo respiro… anche chi siede nel deserto da eremita ha sfuggito tre guerre: udire, parlare, vedere; ma c’è una cosa che deve continuamente combattere – la battaglia che è dentro il suo cuore».

 
 
La Pacificazione è strettamente connessa con l’amore, ciò indica il contenuto dinamico e positivo del termine. Nella sua essenza fondamentale è uno stato di libertà spirituale, in cui l’uomo è capace di levarsi verso Dio con desiderio ardente. Non è una mera mortificazione delle passioni fisiche del corpo, ma anzi la sua nuova e rinnovata energia; è uno stato dell’anima in cui l’ardente amore per Dio e per l’uomo non lascia spazio che per le passioni capaci di elevare. A denotare il suo carattere dinamico, i Maestri usano la frase espressiva: al fuoco della Pacificazione. "
 

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