martedì 13 dicembre 2016

Grazia di Dio

Fino a qualche decennio fa si chiamava "grazia di Dio" il cibo, in particolare il pane, e, per estensione, ogni bene che fosse concesso a un uomo.
Questo modo arcaico di concepire il benessere terreno condusse a ritenere che la ricchezza di qualcuno fosse il segno della particolare benevolenza divina nei suoi confronti e di conseguenza della sua santità.
Ciò giustificò l'accumularsi di beni nelle casse di principi, re, cardinali e papi. Ciò, nonostante vi fosse la predicazione della povertà come bene in sé, capace di aprire le porte del Regno dei Cieli, mentre al ricco risultava difficile passare attraverso la cruna del famoso ago.
Questa contraddizione non sembra risolvibile.
Ma, stante che il Padre Nostro è, per diversi motivi, la preghiera che più di ogni altra esprime la condizione umana (al di là di ogni convinzione religiosa), occorre dire che la tradizione ufficiale che i fedeli recitano, chiede il "pane quotidiano", mentre la versione originaria in aramaico, tradotta alla lettera chiederebbe "il pane per il nostro bisogno oggi"; questa autentica versione sottolinea la precarietà della sussistenza umana e richiede non la ricchezza stabile e consolidata, ma la grazia di sfamarsi giorno dopo giorno, vivendo dunque giorno per giorno.

Dunque, a questa lettura, la "grazia di Dio" non è la ricchezza, né la stabilità di essa, né tanto meno il suo accrescimento costante, ma la precarietà, la possibilità di navigare sulle difficoltà senza esserne, in modo miracoloso, sommersi, e quindi una percezione sacra della vita quotidiana.
Oggi questa situazione esistenziale si è imposta di nuovo. Che piaccia o no (e non piace!), è così.
Si noti come la richiesta di stabilità economica è richiesta da più parti perché è la sola capace di "far ripartire i consumi", unica cosa - questa - che sembra interessare a tutti (consumatori e consumati) e che viene scambiata come "ripresa economica e sviluppo". Ma l'esaurimento delle risorse  che hanno sostenuto questa forma di visione della funzione dell'uomo, la rende ormai inattuabile.
Il ben-essere deve essere ripensato e l'uomo è costretto a ristrutturarsi nella sua interezza, perché non può più essere quello è per la biofisica, e cioè un "sistema dissipativo".




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