venerdì 30 dicembre 2016

Serietà e tristezza

Le esperienze umane più profonde, quelle che impegnano gli aspetti più radicali dell'Essere, sono esperienze "misteriche", rivelatrici di quel che si è al di là di quello che ci si illude di essere.
In quanto tali, sono esperienze che sgomentano, e spaventano. Sono esperienze "serie".
Tra queste, l'esperienza amorosa sessuale, l'esperienza religiosa vera, e l'esperienza della morte.
Wilhelm Reich ha dimostrato come in chi l'incontro sessuale generi il riso, si manifesti con ciò il terrore della profondità del contatto che questo tipo di rapporto richiede. Contatto profondo con l'altro, che è uguale a contatto profondo con la propria radicale profondità, in un luogo dell'Essere in cui, fatalmente, Io e Tu sono la stessa identità.
Anche l'esperienza religiosa (non necessariamente mistica) determina l'indagine su questo tipo di identità con il Tutto Unitario; altrettanto fa la morte, che mostra come essa affermi - e non neghi - la vita, mostrando però spietatamente all'osservatore l'inutilità effimera della sua esistenza, se non la si consacra a qualcosa di "serio".
Contattare questo luogo prevede il rischio di perdere l'IO a favore del TU, o del TUTTO, o dell'UNO... si può pensare (con la letteratura psicoanalitica) che perdere l'identità possa terrorizzare, ma non è così: ciò che terrorizza è la certezza che, non possedendo un IO, non lo si possa perdere, non lo si possa donare, e con ciò si sia destinati a non poter accedere all'unica esperienza degna dell'aggettivo "umana": quella della propria natura divina. Rivelare a se stessi con totale spietatezza questa orribile verità, senza potersi ulteriormente illudere di possedere una qualche identità, è intollerabile, e quindi si evita accuratamente di farne esperienza.
Tutti coloro che sono terrorizzati dalla possibilità di contattare queste profondità, - diventa allora comprensibile -  confondono con facilità "serietà" e "tristezza", e confondono la leggerezza (che è frutto della serietà), con la superficialità (che è il frutto del disimpegno). Al solito, si finisce sempre - così - per praticare l'opposto di ciò che serve per ottenere il risultato voluto...
La percezione che la vita debba essere una sala giochi, nella quale si punta su qualche numero sperando che esca, così a caso, è certo superficiale e ludica, ma chi la volesse definire "gioiosa" per contrapporla alla "tristezza" che è attribuita a chi vive seriamente, sa bene che sta ingannando se stesso: dietro la maschera, chi spesso ride ed urla la propria gaiezza, si ritira ogni sera a piangere disperatamente il proprio insondabile dolore, e la propria impotenza rabbiosa a lenirlo.
Si sappia che i larghi sorrisi e i giocosi gridolini dichiarano senza tema di dubbio questa terribile verità e ne svelano la... tristezza.

Risate di gioia


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