Somatopsicoenergetica
"Dire che l'uomo, e di conseguenza il corpo umano, è "fatto ad immagine di Dio" significa, a priori, che esso manifesta qualcosa d'assoluto e proprio per questo d'illimitato e di perfetto ... l'uomo denota non solo il vertice delle creature terrestri, ma anche - e proprio per questo - l'uscita dalla loro condizione ... vedere l'uomo equivale a vedere non soltanto l'immagine di Dio ..., ma pure una porta aperta sull'Illuminazione liberatrice ..."
lunedì 7 gennaio 2019
Verificare
"Dire il Vero" non significa non mentire. Non mentire è impossibile.
Dire il Vero significa indicare una evidenza manifesta a chi non l'abbia vista; oppure - ma questo è solo della funzione profetica - rendere Manifesto ciò che era Nascosto prima che lo si enunciasse.
Il Vero non chiede di essere creduto. E anzi se qualcuno gli dicesse "ti credo" oppure "credo in te" si... irriterebbe: non c'è bisogno di crederci... al Vero non si crede, si vede (o no).
Se non si vede niente, o si guarda dove il Vero non c'è, oppure non si hanno occhi per vederlo. Ci sono "mondi" che a furia di riprodurre se stessi al solo scopo di sopravvivere, si sono allontanati così tanto dalla loro origine vitale, che non la contengono più; in questi mondi, il Vero non c'è, hai voglia a cercarlo. Figurati a dirlo.
Dire il Vero significa indicare una evidenza manifesta a chi non l'abbia vista; oppure - ma questo è solo della funzione profetica - rendere Manifesto ciò che era Nascosto prima che lo si enunciasse.
Il Vero non chiede di essere creduto. E anzi se qualcuno gli dicesse "ti credo" oppure "credo in te" si... irriterebbe: non c'è bisogno di crederci... al Vero non si crede, si vede (o no).
Se non si vede niente, o si guarda dove il Vero non c'è, oppure non si hanno occhi per vederlo. Ci sono "mondi" che a furia di riprodurre se stessi al solo scopo di sopravvivere, si sono allontanati così tanto dalla loro origine vitale, che non la contengono più; in questi mondi, il Vero non c'è, hai voglia a cercarlo. Figurati a dirlo.
domenica 6 gennaio 2019
Possessione
- "Ti amo", disse lui inginocchiandosi ai suoi piedi. Lei arrossì leggermente, chinò modestamente gli occhi e, ponendo le mani in grembo, accennò un timido sorriso.
- "Ma non fraintendermi - continuò lui - non sono interessato minimamente a ciò che pensi, a quale religione appartieni, da che famiglia provieni, a quale titolo di studio hai e a ciò che ti piace fare, e non voglio vivere con te... io ti rispetto profondamente per ciò che mi susciti... e mi susciti, al tuo solo apparire, al solo suono della tua voce e persino al solo pensiero di te, un appassionato desiderio di possederti completamente, totalmente, assolutamente, definitivamente..."
- "Mi avrai, credo - rispose lei sollevando lo sguardo - perché sei il solo uomo dal quale io mi sia sentita amata davvero. Mi possiederai allora, ma mai completamente... tu potrai entrare in me, te lo permetterò e ti accoglierò, ma tu non potrai mai accogliere me in te, sono troppo grande... - sorrise lei dolcemente -, e poi l'amore è fatto così: se pure potessi possedermi completamente una volta, cesseresti di amarmi."
- "Ma non fraintendermi - continuò lui - non sono interessato minimamente a ciò che pensi, a quale religione appartieni, da che famiglia provieni, a quale titolo di studio hai e a ciò che ti piace fare, e non voglio vivere con te... io ti rispetto profondamente per ciò che mi susciti... e mi susciti, al tuo solo apparire, al solo suono della tua voce e persino al solo pensiero di te, un appassionato desiderio di possederti completamente, totalmente, assolutamente, definitivamente..."
- "Mi avrai, credo - rispose lei sollevando lo sguardo - perché sei il solo uomo dal quale io mi sia sentita amata davvero. Mi possiederai allora, ma mai completamente... tu potrai entrare in me, te lo permetterò e ti accoglierò, ma tu non potrai mai accogliere me in te, sono troppo grande... - sorrise lei dolcemente -, e poi l'amore è fatto così: se pure potessi possedermi completamente una volta, cesseresti di amarmi."
sabato 5 gennaio 2019
Domande patogene
La domanda "qual è il senso della vita?" è notoriamente senza senso, perché non ha risposta. Se si cerca tra libri, detti ed aforismi, trovate miliardi di risposte, senza senso.
Ma la domanda che ogni essere umano si fa, più o meno coscientemente, è "qual è il senso della mia vita?" E qui non trovate nessuno - o quasi - che dichiara di farsela, perché quel mia cambia tutto: se è mia, posso farne quel che voglio, e ne sono responsabile... troppa responsabilità!.
Si tratta infatti di una domanda angosciante, alla quale occorre trovare una qualche risposta, e subito, perché la vita va, e se si trovasse la risposta tardi, potrebbe essere troppo tardi.
D'altra parte, venire al mondo è come trovarsi in una foresta vergine, senza conoscere luoghi da raggiungere o percorsi e senza neanche sapere se non si tratti semplicemente di restare fermi lì dove si è. E così ci si perde... quasi inevitabilmente.
Per sfuggire a questa angoscia, allora ci si danno delle risposte; a volte sapendo di mentire a se stessi, a volte no... ma comunque si danno le risposte che consentono di vivere con una specie di significato o di utilità, non importa se falsi o ingannevoli.
Dunque, accade che ci siano esseri che non sanno dare una risposta alla loro domanda e un senso alla loro vita, e che per questo ne vengono travolti e vi si ammalano; a volte la disperazione è tale che, senza accorgersene, aggrediscono se stessi causando un lento suicidio. Ed accade che chi si è salvato da questa angoscia inventandosi un senso, si accorga, alla fine, dell'inganno: chi ha dedicato la vita a un compagno/a, chi ai figli, chi al lavoro, chi ad un ideale, chi a un Dio inaccessibile... e alla fine ha dovuto scoprire (ma era ormai troppo tardi) che amante, figli, lavoro, ideale e Dio potevano far a meno di lui... frustante, deludente, deprimente... e così anch'essi si ammalano (il "si" riflessivo intende dire: io ammalo me stesso, che non è lo stesso del dire: una malattia mi ha aggredito).
La clinica chiama questo tipo di malattie ad eziologia sconosciuta, perché trascurano il fatto che non vengono da fuori, ma da dentro.
Dunque rispondere alla domanda: a cosa serve la mia vita? diventa una necessità medica, oltre che esistenziale; ma la risposta è purtroppo meta-fisica, e quindi non considerata scientificamente attendibile. Trascurando con il fatto che esiste una scienza sacra. Ma non se ne trovano i laureati, né i professori... Però, piuttosto che inventarsi risposte false e fingere di vivere, forse bisognerebbe lo stesso cercare gli insegnanti di questa scienza, anche se non ci sono... perché sono della natura di quelli che ci sono solo quando li si cerca.
Ma la domanda che ogni essere umano si fa, più o meno coscientemente, è "qual è il senso della mia vita?" E qui non trovate nessuno - o quasi - che dichiara di farsela, perché quel mia cambia tutto: se è mia, posso farne quel che voglio, e ne sono responsabile... troppa responsabilità!.
Si tratta infatti di una domanda angosciante, alla quale occorre trovare una qualche risposta, e subito, perché la vita va, e se si trovasse la risposta tardi, potrebbe essere troppo tardi.
D'altra parte, venire al mondo è come trovarsi in una foresta vergine, senza conoscere luoghi da raggiungere o percorsi e senza neanche sapere se non si tratti semplicemente di restare fermi lì dove si è. E così ci si perde... quasi inevitabilmente.
Rimasto nella foresta... |
Dunque, accade che ci siano esseri che non sanno dare una risposta alla loro domanda e un senso alla loro vita, e che per questo ne vengono travolti e vi si ammalano; a volte la disperazione è tale che, senza accorgersene, aggrediscono se stessi causando un lento suicidio. Ed accade che chi si è salvato da questa angoscia inventandosi un senso, si accorga, alla fine, dell'inganno: chi ha dedicato la vita a un compagno/a, chi ai figli, chi al lavoro, chi ad un ideale, chi a un Dio inaccessibile... e alla fine ha dovuto scoprire (ma era ormai troppo tardi) che amante, figli, lavoro, ideale e Dio potevano far a meno di lui... frustante, deludente, deprimente... e così anch'essi si ammalano (il "si" riflessivo intende dire: io ammalo me stesso, che non è lo stesso del dire: una malattia mi ha aggredito).
La clinica chiama questo tipo di malattie ad eziologia sconosciuta, perché trascurano il fatto che non vengono da fuori, ma da dentro.
Dunque rispondere alla domanda: a cosa serve la mia vita? diventa una necessità medica, oltre che esistenziale; ma la risposta è purtroppo meta-fisica, e quindi non considerata scientificamente attendibile. Trascurando con il fatto che esiste una scienza sacra. Ma non se ne trovano i laureati, né i professori... Però, piuttosto che inventarsi risposte false e fingere di vivere, forse bisognerebbe lo stesso cercare gli insegnanti di questa scienza, anche se non ci sono... perché sono della natura di quelli che ci sono solo quando li si cerca.
venerdì 4 gennaio 2019
La Regola, i regolamenti e le relative regolazioni.
Alcuni si riferiscono al rispetto delle regole come fattore morale. Altri si ribellano ad esse ritenendole imposizioni da parte dei potenti; oppure le ritengono le basi di un qualsiasi rapporto inter-personale per lo stesso motivo per cui, chiunque giochi a qualcosa, può farlo solo con antagonisti che condividano le "regole del gioco" e vi si attengano per convenzione. In generale si ritiene che le regole qualcuno le faccia ed altri vi si attengano, più o meno liberamente.
Ebbene, no.
La Regola (come quella monastica, volendo) è una disciplina, e la disciplina nulla ha a che vedere con le imposizioni e le punizioni. La disciplina è trovare un ritmo, il proprio, e il ritmo, anche se può essere usato per misurare il tempo, produce eternità in chi lo segue.
La Regola è un Assoluto (si intende un valore ontologico non relativizzabile in compromessi ed adattamenti); perché non si applica mai relativamente alle necessità del momento o di qualcuno, non ha gradazioni di nettezza; è essa stessa la Necessità a cui ci si deve adattare, o starne fuori.
La Regola è un ritmo armonico, come quello fissato - ad esempio - dal rapporto stabilito dal numero aureo tra le dimensioni. E' l'apparire della bellezza nella sua maestosa magnificenza. Adottare la Regola vuol dire partecipare al Tutto collocandosi in rapporto armonico con ogni altro elemento "regolato"; far propria la Regola vuole dire essere in Armonia (cioè nell'Armonia come parte di essa), e quindi viaggiare (o vivere) sull'onda portante positiva che la Bellezza manifesta e genera insieme.
Star fuori dalla Regola (magari per poter rispettare i regolamenti e non farsi punire, perché a volte i regolamenti sono regolamenti di conti), è rompere l'Armonia, creare disordine, bruttezza infinita e condannare chiunque vi capiti in mezzo a diventare brutto per puro e solo adattamento di sopravvivenza; pusillanime, impaurito, umiliato, bisognoso, triste, disperato.
La Regola è per gli Uomini, ce l'hanno dentro; i regolamenti non sono per gli uomini... e dunque è difficile definire il grado di umanità di chi li fa e di chi li segue a capo chino... ma, certo, questa sì è una... umanità relativa.
Ebbene, no.
La Regola (come quella monastica, volendo) è una disciplina, e la disciplina nulla ha a che vedere con le imposizioni e le punizioni. La disciplina è trovare un ritmo, il proprio, e il ritmo, anche se può essere usato per misurare il tempo, produce eternità in chi lo segue.
La Regola è un Assoluto (si intende un valore ontologico non relativizzabile in compromessi ed adattamenti); perché non si applica mai relativamente alle necessità del momento o di qualcuno, non ha gradazioni di nettezza; è essa stessa la Necessità a cui ci si deve adattare, o starne fuori.
La Regola è un ritmo armonico, come quello fissato - ad esempio - dal rapporto stabilito dal numero aureo tra le dimensioni. E' l'apparire della bellezza nella sua maestosa magnificenza. Adottare la Regola vuol dire partecipare al Tutto collocandosi in rapporto armonico con ogni altro elemento "regolato"; far propria la Regola vuole dire essere in Armonia (cioè nell'Armonia come parte di essa), e quindi viaggiare (o vivere) sull'onda portante positiva che la Bellezza manifesta e genera insieme.
Star fuori dalla Regola (magari per poter rispettare i regolamenti e non farsi punire, perché a volte i regolamenti sono regolamenti di conti), è rompere l'Armonia, creare disordine, bruttezza infinita e condannare chiunque vi capiti in mezzo a diventare brutto per puro e solo adattamento di sopravvivenza; pusillanime, impaurito, umiliato, bisognoso, triste, disperato.
La Regola è per gli Uomini, ce l'hanno dentro; i regolamenti non sono per gli uomini... e dunque è difficile definire il grado di umanità di chi li fa e di chi li segue a capo chino... ma, certo, questa sì è una... umanità relativa.
Conoscenze centrifuga e centripeta.
Se si considera la Conoscenza da un lato come il progressivo accumularsi di informazioni e deduzioni logiche in una zona definibile come "mente", e dall'altro come la progressiva incarnazione di facoltà disponibili in potenza nella struttura umana, si può vedere come le due forme abbiano dinamiche assai diverse e descrivano mondi (o Creazioni) diversi.
La prima indaga all'interno di una immaginaria sfera che contiene il mondo naturale esteso, giungendo fino ai suoi limiti per ritornare poi a un punto sincretico centrale, in modo centripeto; la seconda produce un movimento spiralico centrifugo che tende a far sfuggire l'uomo dalla sfera che - nell'altra - lo contiene.
Quindi quella parte di umanità che sfugge alla creazione in cui è stata generata, è quella stessa parte che produce il seme di una nuova Creazione nel luogo al quale approda, e le due Conoscenze che sostengono queste due umanità sono diverse per struttura e per contenuto, sono diverse per oggetto dell'indagine che le produce.
Le due forme comportano la produzione di due Menti diverse, la prima delle quali è analitica e fondamentalmente scientifica, utile all'uomo per collocarsi al meglio all'interno della creazione dalla quale origina; l'altra è globale, non residente esclusivamente nel cervello, ma estesa all'intero organismo. E'questa una mente che opera, non sa; produce, non indaga; diventa ciò che impara, sa solo quel che è, e che è - potenzialmente - tutto.
La prima indaga all'interno di una immaginaria sfera che contiene il mondo naturale esteso, giungendo fino ai suoi limiti per ritornare poi a un punto sincretico centrale, in modo centripeto; la seconda produce un movimento spiralico centrifugo che tende a far sfuggire l'uomo dalla sfera che - nell'altra - lo contiene.
Quindi quella parte di umanità che sfugge alla creazione in cui è stata generata, è quella stessa parte che produce il seme di una nuova Creazione nel luogo al quale approda, e le due Conoscenze che sostengono queste due umanità sono diverse per struttura e per contenuto, sono diverse per oggetto dell'indagine che le produce.
Conoscenza centripeta e centrifuga |
Queste due menti sono proprie di due tipi diversi di umanità, che convivono (o hanno finora convissuto) alieni l'uno all'altro, ma irriconoscibili l'uno all'altro finché non si tocchi il piano delle diverse conoscenze. E questo, finora, non lo si è mai fatto.
giovedì 27 dicembre 2018
La verticalizzazione delle dinamiche sociali
Qualcuno ha fatto acutamente notare come le categorie tradizionali del pensiero politico, quelle di Destra e di Sinistra, siano ormai state sostituite da quelle di Sopra e di Sotto, che rappresentano chi è molto ricco (di soldi e di potere) contro chi è molto povero (di entrambi).
La cosa prescinde da ogni ideale di uomo o società: è una mera questione di facilità o difficoltà a sopravvivere.
Dunque le Istituzioni, che erano state costituite (con la Costituzione, appunto) in modo che ogni Potere controllasse gli altri, al fine di garantire la democrazia, l'equità e la giustizia, se costituivano il migliore campo di gara degli ideali sociali, sono però un campo di gara orizzontale (destra e sinistra sono categorie dello spazio orizzontale), che oggi non riesce ad essere adeguato più di quanto una pista di pattinaggio artistico sia adeguata a una gara di arrampicata sportiva.
Per questo motivo si assiste a una inevitabile paralisi delle funzioni vitali delle Istituzioni, che sono semplicemente vanificate, perché non costituiscono più il luogo in cui si gioca la partita.
Come chi scrive ha avuto modo si far notare in più occasioni dal suo particolare punto di vista, l'oscillazione dialettica tra polarità si è spostata dal braccio orizzontale della croce (che non è un mero simbolo, ma un archetipo dei moti della Vita) a quello verticale, rispondendo alla generale tendenza (manifestatasi per questa fase negli ultimi trent'anni) di tutto quanto è a Sud a spostarsi verso il Nord (vedasi in questa chiave così le migrazioni, come i movimenti delle placche tettoniche, che sono prodotte dallo stesso movimento generale).
Sul piano sociale, però, quando la dinamica si svolge sull'asse verticale, le forze che stanno sotto tendono ad accumulare energia progressivamente, come avviene in una camera magmatica: sebbene sulla bocca del vulcano vi sia un tappo che per un po' regge, alla fine il tappo salta ed avviene un'eruzione.
Le dinamiche su l'asse verticale sono dunque quelle che producono le rivoluzioni e le contro-rivoluzioni autoritarie, e che finiscono per rispondere solo alla violenza di forze dirompenti e incontrollabili: cosa questa temutissima... (non la violenza, ma la perdita del controllo!).
E' vero che sembra che le forze magmatiche siano al potere, ma non è così: sono costituite da arrampicatori sportivi che si arrampicano sul piano ghiacciato e orizzontale di una pista di pattinaggio. Pista molto molto scivolosa, e che - di certo - non condurrà mai in alto.
Si dice qui questo senza altro fine che osservare la verità apodittica di un processo la cui distruttività può essere contenuta solo dalla presa d'atto della sua ineludibilità. Al di là c'è una crescita certa; ma no del PIL, delle coscienze.
La cosa prescinde da ogni ideale di uomo o società: è una mera questione di facilità o difficoltà a sopravvivere.
Dunque le Istituzioni, che erano state costituite (con la Costituzione, appunto) in modo che ogni Potere controllasse gli altri, al fine di garantire la democrazia, l'equità e la giustizia, se costituivano il migliore campo di gara degli ideali sociali, sono però un campo di gara orizzontale (destra e sinistra sono categorie dello spazio orizzontale), che oggi non riesce ad essere adeguato più di quanto una pista di pattinaggio artistico sia adeguata a una gara di arrampicata sportiva.
Per questo motivo si assiste a una inevitabile paralisi delle funzioni vitali delle Istituzioni, che sono semplicemente vanificate, perché non costituiscono più il luogo in cui si gioca la partita.
Come chi scrive ha avuto modo si far notare in più occasioni dal suo particolare punto di vista, l'oscillazione dialettica tra polarità si è spostata dal braccio orizzontale della croce (che non è un mero simbolo, ma un archetipo dei moti della Vita) a quello verticale, rispondendo alla generale tendenza (manifestatasi per questa fase negli ultimi trent'anni) di tutto quanto è a Sud a spostarsi verso il Nord (vedasi in questa chiave così le migrazioni, come i movimenti delle placche tettoniche, che sono prodotte dallo stesso movimento generale).
Sul piano sociale, però, quando la dinamica si svolge sull'asse verticale, le forze che stanno sotto tendono ad accumulare energia progressivamente, come avviene in una camera magmatica: sebbene sulla bocca del vulcano vi sia un tappo che per un po' regge, alla fine il tappo salta ed avviene un'eruzione.
Le dinamiche su l'asse verticale sono dunque quelle che producono le rivoluzioni e le contro-rivoluzioni autoritarie, e che finiscono per rispondere solo alla violenza di forze dirompenti e incontrollabili: cosa questa temutissima... (non la violenza, ma la perdita del controllo!).
E' vero che sembra che le forze magmatiche siano al potere, ma non è così: sono costituite da arrampicatori sportivi che si arrampicano sul piano ghiacciato e orizzontale di una pista di pattinaggio. Pista molto molto scivolosa, e che - di certo - non condurrà mai in alto.
Si dice qui questo senza altro fine che osservare la verità apodittica di un processo la cui distruttività può essere contenuta solo dalla presa d'atto della sua ineludibilità. Al di là c'è una crescita certa; ma no del PIL, delle coscienze.
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