lunedì 20 marzo 2017

La solitudine dell'escursionista

Chiunque abbia un poco di esperienza di escursioni in montagna, saprà come la dura esperienza consigli di adottare delle apposite tecniche di ascesa.
Zaino (leggero, con l'indispensabile nutrimento e l'acqua) in spalla, un bastone da battere in terra per spaventare i serpenti, dotato un gancio in cima per aggrapparsi a qualche appiglio quando il piede scivolasse. Ma soprattutto, il passo: regolare, non troppo veloce, non troppo lento, ritmato e mai variato.
Lo sguardo fisso verso l'alto (ma avendo una buona visione laterale), sia in senso fisco che in senso metafisico. E si va, avendo in animo una meta. Una delle mie preferite era il Pozzo delle Nevi. Che si trova molto in alto, ma apre una bocca che penetra nelle profondità più inaspettate.
Di solito, l'escursionista ama andare da solo, specie se è nella sua natura; oppure in compagnia di compagni esperti. In montagna, si saluta con cordialità chiunque si incontri, e talvolta capita che con alcuni si vada nella stessa direzione. E allora, il solitario, l'Afrad, trova compagnia silenziosa e confortante.
Capita (a me è capitato) di incontrare degli amici a valle, venuti per una vacanza breve. Un gruppo al quale, parlando, può accadere che si racconti l'intenzione di salire al Pozzo la mattina seguente.
Certo alcuni degli amici diranno: "Ah, veniamo anche noi!", mentre altri diranno: "Ah, io no! sono qui per riposarmi e mangiare bene!".
Il solitario escursionista non sa trarsi d'impaccio, e si impegna ad accompagnare su impervi viottoli i volenterosi, suggerendo loro di attrezzarsi in modo adeguato.
Al mattino presto, all'alba, preso appena il primo caffè, si avanza.
L'escursionista volenteroso e inesperto ha portato la macchina fotografica; si ferma ad osservare i paesaggi con commenti di meraviglia estatica; li indica ai suoi compagni, ne pretende lo stupore. Poi, avanzando scopre un cespuglio di rovi con le more: si ferma a raccoglierne, le offre agli amici, commenta..., in quota si trovano persino i lamponi!  poi, dopo appena un'ora si dice stanco, si deve riposare e bere un po' d'acqua; e un'ora dopo constata quanto l'aria di montagna metta appetito e chiede di fermarsi per mangiare un panino con i salumi del luogo che sono così buoni, specie con quell'aria frizzante...
Poi si guarda intorno soddisfatto dell'esperienza. E una attimo dopo si sgomenta: dov'è finito l'escursionista esperto al quale si era affidato come guida? Fuor di portata di vista e di voce. Ché lui ha proseguito con il suo passo costante, lo sguardo verso l'alto, l'intenzione verso la meta, consapevole che la rottura di ritmo lo avrebbe sfiancato, fisicamente e moralmente, e non  sarebbe mai arrivato al Pozzo. Là dove, solo là, intendeva riposare, mangiare e bere qualcosa, osservare, bearsi del panorama e dell'aria, e della luce, prima del ritorno rilassato e soddisfatto.
Non era uno che si guardava indietro, e lasciava che ognuno scegliesse cosa fosse meglio per sé; così, al Pozzo era giunto solo. Un solitario viandante, come era nella sua natura di Afrad.
Degli altri compagni sapeva che li avrebbe incontrati se fosse tornato a valle lungo lo stesso sentiero, stremati e forse spaventati, ché il tempo passa e all'imbrunire il cammino in montagna è pericoloso. Il buio, lì, giunge improvviso.
Ma sarebbe tornato indietro? Per ogni escursionista solitario vi è - sempre - un'ultima escursione.

L'ingresso naturale del Pozzo della Neve (di uno di loro...)

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