lunedì 21 novembre 2016

Post-verità

I medici di quell'ospedale psichiatrico in cui il primario era stato eletto democraticamente tra i pazienti, che avevano scelto il più rappresentativo tra di loro, vollero continuare a prestare la loro opera sanitaria. Si resero conto presto che, ogni qual volta prescrivevano una cura, il primario - che cercava il consenso dei suoi elettori - sottoponeva loro questa proposta che, il più delle volte veniva bocciata.
E' noto infatti che, mentre i così detti "sani di mente" ammettono che tra la sanità e la follia il confine è assai labile e incerto, per i folli conclamati la loro è nettamente sanità, mentre tutti gli altri sono folli, o delinquenti. Cosicché, in quella clinica, ogni cura non era altro - agli occhi dei malati -  che un tentativo delinquenziale di asservirli intontendoli. Non è detto, peraltro, che non fosse stato così, fino a quel momento..., ma è giusto dubitarne dato che il vecchio primario aveva concesso elezioni democratiche.
Resisi conto che la loro opera non otteneva alcun risultato, e che anzi a volte aggravava le tensioni nell'ospedale, i medici si riunirono e stabilirono di dare le dimissioni, lasciando i malati (che, è bene ripeterlo, non si ritenevano tali!) a darsi da sé le proprie cure.
Aprirono una nuova clinica. Memori dell'esperienza fatta, non elessero a maggioranza tra loro un primario, ma stabilirono che il primariato fosse una funzione collegiale.
Tra le regole dell'ospedale misero, ben evidenziato all'ingresso, che chi chiedeva loro aiuto lo faceva liberamente, ma che, una volta ricoverati, i malati dovevano assumere le cure senza discussioni, oppure lasciare la clinica.
Poiché, come si è detto, i folli veri ritengono che la loro sia sanità, nessuno di loro si avvicinò mai a quella clinica di cui ritenevano di non avere alcun bisogno. Lo fecero invece i sani..., così la clinica si trasformò in una scuola medica. Molto poco frequentata, occorre dirlo.
Si dice che invece nell'altra clinica fervano le attività, soprattutto le assemblee, in cui le diverse opinioni a confronto (tante quante gli ospiti) si giustappongono senza poter trovare mai una composizione. Ciò viene chiamata "la bellezza del sistema democratico", la cui utilità consiste nel generare la discussione stessa. Le decisioni prese in assemblea sono chiamate - con termine di nuovo conio - post-verità. Tali post-verità sono detenute unicamente (ma a turno) dai vincitori momentanei delle risse assembleari.
Il nuovo prodotto lanciato sul mercato della comunicazione è una verità fittizia, inventata; se ne trovano ormai di molti tipi, in concorrenza tra loro, ma - per regola - sarà il mercato a stabilire quale sia la migliore. Però è solo un consolidamento del concetto: prima si chiamavano "opinioni" e chi le aveva le vendeva facendone una professione: ora sono "verità"... ma il problema resta quello di venderle.

Lo stupore della verità


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