giovedì 24 novembre 2016

Le Presenze

Qualcosa si mosse nel buio. Non la vide, ma percepì l'alito d'aria che quel movimento doveva aver provocato. Poi ancora, altri aliti, altri movimenti.
Non vedeva, ma era impossibile capire se ciò dipendesse dalla mancanza di luce o da una sua improvvisa cecità. Capì che, per "vedere" le Presenze, avrebbe dovuto istantaneamente imparare a vedere nel buio. No, non proprio: piuttosto avrebbe dovuto vedere il buio.
Si disse che doveva essere un po' come strizzare acqua da un panno bagnato: si vede il panno e non l'acqua che contiene, almeno finché non lo si strizza. Così, doveva strizzare la luce dal buio e usarla per vederlo. Doveva farla colare dal nero, e raccoglierla negli occhi del proprio cuore, perché gli era diventato chiaro (chiaro nel buio! era già qualcosa) che vedere nel luogo in cui era non era una funzione degli occhi, ma del cuore. Doveva aprirlo, e lasciarvi colare la luce che riusciva ad estrarre strizzando il nero. Così avrebbe visto.
Non era un vedere, quello; era il materializzarsi nel cuore delle Presenze, e il riconoscerle in quanto Presenze in sé, nel proprio stesso centro pulsante. Era il riconoscimento di una permanenza finora ignota. Non si vedono la gioia, l'amore o la tristezza; ma la loro presenza è qualcosa di toppo forte per potersene dimenticare. Ecco, il ricordo... una presenza così permanente e forte non permette dimenticanze; è - per così dire - sempre sotto gli occhi.
Li chiuse, non servivano. E guardò: c'era qualcosa nel cuore, che pesava e nel peso addolorava leggermente, come uno struggimento tenero che interminabilmente scioglieva ogni cosa pesante di materia; scioglieva anche l'IO, quel punto di riferimento che fa dire Io sono e che sembrava scorrere via.
Via... le Presenze producevano la sua assenza, e fortificavano la loro Presenza.
E poi la Luce, abbagliante negli occhi chiusi e stanchi, e nel cuore, come un lampo veloce, una sopravvenuta ulteriore cecità.
Presenza ed Assenza. Non c'era più, e c'era come non c'era mai stato; c'era la Presenza stessa al suo posto, e non c'era più perché lui, il suo cuore, il luogo dove materializzarsi, s'era dissolto, sciolto nella dolcezza.
Tutto questo era incomprensibile, finalmente incomprensibile; era visibile al cieco, finalmente rivelato; era impossibile da dirsi, e così tacque, non se lo raccontò.
Una voce, però, sussurrò qualcosa dietro di lui, nel buio. Diceva "Ho sentito un alito, come un movimento d'aria... ho come la sensazione che qui ci sia qualcuno di invisibile, una Presenza..."



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