sabato 19 novembre 2016

Sopravviversi

Non molti giorni fa ho postato un raccontino dal titolo "la resurrezione di Lazzaro". Sono sicuro che molti (tra i pochi lettori) si saranno chiesti cosa intendessi dire e avranno commentato con un "bah".
Lazzaro resuscitato non ringraziava Chi aveva compiuto il miracolo, ma il proprio medico e l'imbalsamatore, nonché i media che avevano dato risalto alla notizia.
Ieri i media - infatti - hanno dato risalto alla notizia che una quattordicenne è stata ibernata post-mortem (imbalsamata) nella speranza che in futuro i medici (!), grazie alla ricerca scientifica, trovino la cura per il cancro che l'ha condotta a morte. I media, come la richiedente stessa, non hanno messo nel dovuto risalto il fatto che - trovata la cura - essa potrebbe essere applicata solo dopo che la defunta sia stata "resuscitata", cosa ben più difficile che curare un cancro.
E' questo che volevo dire. Che cioè la Speranza della Resurrezione è così profondamente inserita nella natura umana che la sua possibilità si dà per scontata, e la si attribuisce però alla Scienza dimenticandosi della dimensione del Miracolo e riducendo la Vita a una questione di provette abilmente utilizzate. La Scienza è - come è stato detto - la religione del nostro tempo.
Se si potesse considerare ogni aspetto della vita e della Vita come miracolo operante, e si ritrovasse il "meraviglioso" di ogni attimo, si sarebbe felici e - insieme - più vicini al Vero. E smetteremmo - forse - di desiderare così ardentemente di sopravviverci.

Il tema della resurrezione - infatti -  attiene alla Vita biologica, e la Speranza ultima che la religione propone, rispondendo ai sentimenti umani più "popolari", è proprio la "resurrezione della carne".
Ma, se quel qualcuno (di cui si parlava nel precedente post) che osserva le cose del mondo come fenomeno senza lasciarsene coinvolgere, attivasse la propria attenzione su questo fenomeno specifico, potrebbe vedere come la speranza reale, intima, profonda e non si sa bene dove radicata, sia per l'uomo non la resurrezione della carne, ma l'Immortalità: concetto che trascende la vita biologica (che contempla la necessità del dualismo complementare vita/morte), ma la Vita come fatto unitario e inscindibile, privo di qualsiasi opposto. Desiderare di sopravviversi implica dunque la rinuncia all'Immortalità. Sperare di sopravviversi è una follia, come essere certi di poter accedere all'Immortalità è una saggio sentire.

Di vite, morti e resurrezioni, in ogni tempo umano di perdurata, ve ne sono molte, e ognuno ne è consapevole; certo si tratta di eventi che riguardano non la biologia, ma la complessità somato-psico-energetica di ogni umano; ma l'Immortalità - invece -  è una, per definizione supera il concetto di tempo/durata e definisce uno stato perenne non del corpo, né della psiche, né dell'energia biologica che li presuppone: l'Immortalità va ben oltre e riguarda non l'individualità, ma l'essenza di ognuno, ovunque essa possa essere collocata (scoprirlo è la Ricerca in sé).
La disperazione, sentimento che si trova ora al centro di ogni dinamica umana, riguarda questo aspetto. Chissà che non lo si possa intravvedere.


Antica criogenesi


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