Ho sognato di essere aggrappato a una parete di roccia
scura, di basalto, liscia, verticale e a picco su un mare in burrasca che si
infrangeva violento su rocce appuntite.
Gli appigli erano scarsi, quasi inesistenti; e la roccia
umida degli spruzzi. Non so come fossi finito là, a metà di quella salita
improbabile.
Paralizzato mi chiedevo cosa fare: ogni movimento verso la
risalita che – portata a termine – sarebbe stata la salvezza, era però un
mettere a repentaglio la stabilità raggiunta in modo troppo rischioso, tale da
rendere quasi certo il precipitare.
Stare fermo mi avrebbe intorpidito e le raffiche di vento
prima o poi mi avrebbero divelto dalla roccia. La caduta in quei flutti furiosi
era morte certa. La sensazione che provavo nel sogno era di gelida paralisi,
senza scampo, senza speranza.
Allora riflettevo: di cosa avevo paura? Di morire, certo. Ma
non era meglio questo che questa terribile paralisi? E così mi rasserenavo,
sorridevo sciogliendomi persino, e sentivo il calore tornarmi nel petto; poi
trasformavo quella che poteva essere una rovinosa, orribile caduta, in un tuffo
all'indietro, elegante a volo d’angelo.
Non so cosa è accaduto poi, il sogno si è interrotto… ma se
sto qui a raccontarla, deve essere andata meglio del previsto: sto bene e mi
sento libero e leggero.