giovedì 17 novembre 2016

Schieramenti

Qualcuno, ritenendo che in questo mondo si combattessero forze contrapposte, mi ha chiesto da che parte fossi schierato.
Il fatto è che le forze in campo non sono affatto contrapposte, ma in relazione energetica dinamica e, di conseguenza psicodinamica, tra di loro.
Ciò appare a chi, non avendo opinioni né ideologie, si metta ad osservare semplicemente come la realtà umana proceda nella sua evoluzione che è inevitabile e che comporta crisi, derivanti solo dalla resistenza e dalla reazione al mutamento.
Questo mutamento che deve condurre l'umanità a trascendersi, e a produrre una nuova specie umana, non è controllabile né arginabile, per lo stesso motivo per il quale un parto non può essere impedito quando la gestazione è giunta a termine. Questa è una Legge, e non vi sono leggi, imposizioni, regole o visioni politiche che possano impedirne l'attuazione.
Chi, dunque, abbia in mente che vi sono queste Leggi alla base di ogni cosa umana, ed abbia la fortuna di essere stato educato a rcinoscerLe attraverso gli adeguati apparati sensori, si limita ad osservare il movimento che le forze vitali producono e il modo in cui l'umanità cerca di distruggerle per impedirne il compimento, ottenendo il risultato di venirne distrutta.
Chiedere a qualcuno da che parte stia, in questo movimento globale e caotico (nel senso creativo indicato dalla Teoria del Caos) suppone una straordinaria tracotanza: quella di ritenersi libero di scegliere, tra diverse opzioni.
L'uomo libero, - ho affermato spesso, - è paradossalmente colui che non può scegliere, perché egli è non nella dinamica degli eventi, ma fuori di essi, a produrre  e/o a favorirne l'esito nella direzione che le Leggi hanno, ab initio, stabilito. L'uomo libero non esprime questa sua facoltà scegliendo, ma essendo scelto.

Gente schierata


venerdì 11 novembre 2016

Trionfi

Il primario di un ospedale psichiatrico, giunto sulla soglia del pensionamento, ed essendo un convinto democratico, decise di chiamare i degenti ad eleggere democraticamente il loro nuovo primario.
I folli, - che, come si sa, sono sempre molto razionali-, scelsero chi potesse rappresentarli al meglio, in quanto summa delle follie più diffuse nel nosocomio. Non elessero dunque - come sperava il primario - il migliore tra i medici, ma il più folle tra i malati.
Chiamato a commentare il risultato, il primario uscente dichiarò: "E' il trionfo della democrazia."
Era il trionfo della follia.

Un trionfo.


giovedì 3 novembre 2016

Radici

Appare la difficoltà di quanti "non hanno più nulla" dopo il terremoto, ad allontanarsi dalle macerie, dai materiali di scarto di una vita che sembrerebbe richiedere di essere rifondata dopo che la Necessità ha deciso così.
Il desiderio di tutti è invece quello di "riscostruire" esattamente ciò che c'era prima, e tornare a fare, identica, la vita che si faceva prima. In particolare, ritorna più volte, nelle cronache, l'esigenza riportata di "non lasciare gli animali". Certo, questo riguarda gli allevatori o quanti hanno attività economiche che li contemplino, ma non si può fare a meno di sentire come questo riguardi la propria animalità intesa come fondamento biologico a monte dell'evoluzione.

Questo è il dato, sul quale non è giusto dare alcun giudizio. Ma la riflessione che ciò suscita è che l'individuo umano è radicato alla propria terra, come un bambino è radicato al ventre della propria madre; che il cordone ombelicale non può essere tagliato, e che, anche quando il padre (la Necessità, qui) lo fa (e il padre che lo fa, separa il figlio dalla madre per dargli una vita sua), il figlio urla e si adopera con tutte le sue forze per rientrare nell'utero, per ritrovare - viene ripetuto dai media ossessivamente - le proprie radici.
Ora, a chi riflettesse fuori dalle suggestioni emotive (cosa quasi impossibile) risulterebbe chiaro come le proprie radici autentiche siano nel seme che le ha affondate nella terra, e non nella terra. Che quindi le proprie radici sono in quella Necessità che taglia i legami, non negli uteri che li hanno creati, seppure per dare vita.
Colpisce come questo fatto non venga preso in nessuna considerazione e che anzi il permanere nell'utero sia considerato un diritto inalienabile dell'uomo, che le autorità si impegnano a garantire.
Non so perché, ma il fatto che il terremoto non cessi sembra quasi dipendere dalla opportunità di insistere finché questo non venga compreso... ma, naturalmente, si tratta solo di un evento geologico.

Radici nel cemento


mercoledì 2 novembre 2016

Certe cose, lo scarabeo e l'avvoltoio

L'idea, dunque, che chi non ha niente ha tutto, se solo se ne rende conto, è di per sé rivoluzionaria.
Finora le rivoluzioni sono state fatte da chi non avendo più niente, voleva avere quanto aveva perso.

Ma adesso la rivoluzione la faranno quelli che non vogliono niente, cosa per la quale non c'è bisogno di scendere in piazza, né di contrastare un supposto, ormai inesistente, potere. Perché gridare al deserto?

Certo, nessuno vorrebbe far la prova, se non fosse costretto. Ma quando eventi di grandiosa potenza come un terremoto fanno dire a persone dignitosissime, con molta serietà e nessuna auto-commiserazione :"io non ho più niente", queste persone sono in condizioni di apprezzare (verbo che significa "dare un valore") ciò che non possiedono e il fatto stesso di non possederlo. Valore che non è più attribuibile a un bene, dunque, ma proprio al fatto di non averne.
La stessa cosa si può dire di chi, non avendo più niente, porta questa ricchezza altrove, come accade ai migranti. Come fa il vento che porta semi, e non mai frutti maturi, in luoghi distanti dalla pianta madre per diffonderne le qualità essenziali.

Garantire la sopravvivenza di chi non ha niente è garantire la sostanza necessaria allo sviluppo della prossima Creazione, o della prossima Evoluzione, a seconda delle convinzioni ideologiche che si hanno. La stessa cosa che - come sapevano dall'eternità i Faraoni - fa lo scarabeo (sacro) che nasconde le proprie uova in una palla di letame, che ne garantisce la crescita e la costanza della temperatura necessaria al loro schiudersi.

La Sostanza, posseduta solo da chi nulla possiede, sembrerebbe dunque letame, ovvero il materiale di scarto della vita organica; ogni cosa che si decompone - e molte lo stanno facendo in questo mondo, o Creazione - fornisce la Sostanza della nuova vita. Anche qui gli antichi egizi - che avevano capito molte cose che le civiltà successive si sono industriate a dimenticare - trovavano che Mut, l'avvoltoio, rappresentasse molto bene la funzione di ri-vivificazione che appartiene alla Grande Madre. La Grande Madre è la funzione di putrefazione del seme, dalla quale emerge il nuovo germoglio, la nuova vita (organica!).

La Sostanza però non è letame, ma - dovendosi dissimulare (ovvero fingere di non essere ciò che è) - sceglie di preferenza il letame, cosa che non ha prezzo.
Dio, si dice, se si mostra in forma umana lo fa nelle vesti di un vecchia mendicante... ma certo è solo una favola, perché Dio non esiste.



martedì 1 novembre 2016

Certe cose

Ci sono cose - è noto - che non hanno prezzo. Questo le pone fuori dalla logica del mercato, e dalla portata di chiunque desiderasse possederle.
L'esistenza di queste cose sovverte le regole dell'economia e dello scambio, e - in una società capitalistica fondata sull'economia dei consumi - sovverte anche le regole dello stare insieme, perché sottrae il denaro al compito di veicolo (persino a volte di sostituto!) della relazione.
Chi volesse raggiungere ad ogni costo quelle cose, deve accettare che, pur raggiungendole, non le possiederebbe, e che quindi c'è la possibilità che il suo desiderio ardente produca di fatto l'essere da loro posseduto: il desiderio insoddisfatto, ma con l'oggetto di esso davanti agli occhi, produce - si sa - un turbamento costante che alla lunga diviene insopportabile, tanto che non vi è altra scelta che allontanarsene, fuggendo lontano per non vederlo più.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, come sanno bene gli amanti delusi.
Chi non si allontanasse, dovrebbe accettare di esserne posseduto, di sopportarne il potere di attrazione senza fine e dovrebbe imparare a godere di questo stato, tanto che il "possedere" qualcosa verrebbe di proposito evitato perché porrebbe fine al desiderio ardente.
Così, chi volesse davvero ciò che non ha prezzo, sarebbe uno che non possiede niente, né lo desidera.
Dunque, a chi dovrebbe essere concesso l'uso (non il possesso!) delle cose senza prezzo se non a chi non desidera possederle?
Chi non ha niente, ha dunque tutto: potenzialmente, almeno... e realmente se è sincero.
Essendo disposte quelle cose ad obbedire alle intenzioni di costui, egli potrà concederne in dono (non altro che in dono) i benefici a chi riterrà ne sia degno (il che non prevede un giudizio morale, ma la valutazione dell'utilità dell'uso che questi ne potrà fare).
Dunque, le cose che non hanno prezzo possono essere donate, ma solo da quelli che non le possiedono e che non desiderano possedere nulla: se non si convincono questi Signori che nulla hanno a sopravvivere mettendoli in condizioni di farlo dignitosamente, le cose che non hanno prezzo usciranno definitivamente dalla portata di tutti, tranne che di quei Signori, ma in altra condizione.
Il che non è necessariamente un male, se chi vive nella società mercantile (e la giudica bastevole a se stessa e fonte di ogni bene e di felicità) le deprezza; non perché non le può comprare, ma perché l'articolo non interessa loro.
Le cose che non hanno prezzo sono fuori mercato.

Mercato di ciò che è fuori mercato...


domenica 23 ottobre 2016

La Città del Non-Dove


L’anziano mi rispose: “Noi siamo una gerarchia incorporea di solitari. Veniamo dalla Città del Non-Dove.”

“E di quale regione fa parte questa città?”

“Di quella regione per la quale il dito di un giovane non può indicare la strada.”

“A quale attività è rivolta la maggior parte del vostro tempo?”

“Sappi che il nostro Lavoro è quello della tessitura. Siamo un gruppo di trasmettitori della Parola, e il nostro è un continuo pellegrinaggio.”

Tessitore


sabato 22 ottobre 2016

L'Uni-verso non è una democrazia

“L’Universo è un Organismo e non è una democrazia.

Nella natura, biologica e cosmica, c’è una gerarchia senza privilegi che dona a ciascuno secondo i propri bisogni.

Il nucleo di una cellula è distante dagli altri, ma ha la stessa identica memoria genetica dell’intero organismo; comprende la memoria dell’individuo, della specie a cui appartiene e quella di tutto l’ambiente, inclusa la luce gialla del sole. Grazie alla memoria genetica, olografica, tutte le cellule operano in armonia con il governo che nessuno ha votato – il sistema endocrino – (Il sistema endocrino “governa” il corpo e la psiche di ogni essere, suggerendo modi senza imporre leggi e morale. L’etica è naturale per chi è in contatto con la Vita, sente e comprende i Suoi messaggi “segreti”, le emozioni e l’eros.)

Con la secrezione ormonale – che avviene ogni giorno alle prime ore del mattino – il governo dà a ogni essere umano il suo pane quotidiano e riabilita le sue funzioni. In modi diversi tutti gli organismi hanno la capacità di soddisfare i propri bisogni, tranne quelli umani. Purtroppo noi siamo afflitti dal rumore della mente minore, e non sentiamo il canto della Vita che è etica naturale.”

 

Giuliana Conforto, astrofisica