mercoledì 20 maggio 2015

I Terapeuti

Ai tempi di Gesù, quando ad Alessandria d’Egitto si andavano fondendo le culture egizia, mediorientale e greco-latina, esisteva una comunità monastica di uomini e donne, detti i ‘Terapeuti’, di cui si sono perse le tracce storiche e rimane solo qualche sparuta e frammentaria testimonianza.
Per Platone, un ‘terapeuta’ è uno che ‘ha cura’ del corpo e dell’anima: un tessitore di abiti, o un cuoco; ma è anche un ‘servitore’ delle cose sacre. Marc’Aurelio ritiene che la ‘therapia’ sia l’arte di conservarsi puro da ogni passione, al fine di “essere attento alla sola divinità che abita in sé e circondarla di un culto sincero”.
In quel tempo, il ‘terapeuta’ è un semplice tessitore, o un cuoco, che ha però una speciale consapevolezza che usa per aver cura degli dèi e delle ‘parole’ che essi dicono alla sua anima. 
Dèi che sono manifestazioni dell’Uno (come era in Egitto), e rappresentazioni di verità assolute (ontologiche) cui il sapiente si riferisce nell’orientarsi lungo il percorso delle ‘concatenazioni’.

Il ‘desiderio’ è uno strumento basilare della funzione terapeutica: su di esso il sapiente vigila, al fine di mantenerlo sempre vivo e di orientarlo costantemente verso la meta che si è prefissa: ‘questa cura etica può fare di lui un essere felice, sano e semplice (non duale, non diviso in se stesso), vale a dire un saggio.’ 
Il ‘terapeuta’ diventa allora un essere ‘che sa pregare’ per la salute dell’altro, ossia sa richiamare su di lui la presenza e l’energia del Vivente, che è il solo a poter guarire ogni malattia e con il quale egli coopera. 
Il ‘terapeuta’ non guarisce, egli ‘ha cura’: è il Vivente che cura e guarisce; il ‘terapeuta’ ha soltanto il compito di mettere il malato nelle migliori condizioni affinché il Vivente agisca e la guarigione avvenga.


martedì 19 maggio 2015

Una grande noia

Fu chiesto a un Maestro che cosa si provasse nel vivere l'esistenza nel Suo elevatissimo stato spirituale. Rispose: "Una grande noia."

Ognuno dovrebbe chiedersi quale sia lo stato spirituale nel quale conduce la propria vita; nelle condizioni medie usuali non ci si accorge di essere in un qualche stato spirituale, non si sa neanche che cosa esso sia. E' una dimensione del vivere, questa, che l'uomo si è dimenticato di possedere.
Sapere che cosa è la vita, non in genere, ma in particolare la propria stessa vita nel momento stesso in cui la si vive, attimo per attimo: questa è la coscienza dello stato spirituale.
Questo stato è variabile, fluttua all'interno di una gamma di possibilità che attengono al proprio livello di coscienza; e questo livello di coscienza, però, può crescere, aprendo l'essere alla condivisione progressiva di mondi sempre più ampi, profondi e sottili. E sperimentare fluttuazioni sempre più ampie perché si allargano i confini entro i quali esse sono possibili.
Conoscere il proprio stato spirituale è dilatare la propria vita, offrendole possibilità che non si credeva di poter avere.
Dilatarla come il pavone fa della sua coda, tanto da renderla comprensiva di ogni cosa, di renderla capace di conoscere quindi ogni cosa, perché la conoscenza è tale solo quando tra il conoscente e il conosciuto non vi è più distanza, ma piuttosto completa identificazione; quando questo avviene, allora non c'è più niente da cercare, niente da conoscere, e la vita è tanto totale da non poter concepire neanche il proprio opposto.
Sì, in queste condizioni, ci si annoia.

domenica 17 maggio 2015

La circolazione energetica

La circolazione energetica.
La possibilità di apertura verso l'alto, o di scambio con l'Alto esiste,
ma non è disponibile nelle normali condizioni di esistenza,
in cui tutti gli sforzi umani si concentrano sulla conservazione di quanto si possiede.
L'uomo è un "sistema aperto in equilibrio dinamico",
capace cioè di scambiare con il mondo esterno sia energia che materia;
ma l'insistenza sulla conservazione di quanto possiede lo rende
psicologicamente e spiritualmente
 un sistema chiuso,
che tenta, contraddicendo la sua natura fisica,
di scambiare con l'esterno il meno possibile, prendendo molto e restituendo il meno possibile:
questa attitudine esalta la condizione "fisica" di sistema dissipativo,
capace cioè di consumare, ma non di produrre nulla di utile in Natura.
L'uomo muore perché, in quanto sistema dissipativo, non impedisce
che l'entropia lo conduca allo stato di "morte termica";
e vive finché si mantiene in equilibrio dinamico,
ovvero conserva la sua capacità di mantenersi aperto
e fluttuante (capace di cambiare vitalmente, dunque di evolvere).
Scegliere la vita senza possedere nulla
o la morte inevitabile possedendo quel che si riesce a possedere,
è una scelta di libertà.

sabato 16 maggio 2015

Il Saggio...


Il saggio è colui che conosce le conseguenze mentre il dotto è colui che apprende dalle esperienze.
La gente che conosce meglio la propria personalità, è quella che ha una cattiva opinione di essa.
Colui che chiede al proprio maestro: perché? non ha mai fortuna.
La Conoscenza è la scienza utile. Altrimenti è preferibile il silenzio.
La cosa peggiore per un uomo è descrivere una strada senza percorrerla e una situazione senza affrontarla.


 

venerdì 24 aprile 2015

Cos'è Somato-psico-energetico

"Somato-psico-energetico è l'approccio culturale che intende l'Uomo come Unità inscindibile costruitasi attorno a un nucleo energetico detto En (F. Navarro) e sviluppatosi secondo leggi morfogenetiche (Sheldrake) e manifestantesi nella dualità dinamica di soma e psiche (W. Reich), intesi come polarità complementari di un continuum bioenergetico, che va dal più denso (soma) al meno denso (psiche)."