sabato 13 agosto 2016

Il fuoco della pacificazione


"Pace significa non passività ma vigilanza, «non l’assenza di lotta ma l’assenza di incertezza e confusione». Anche chi sia avanzato al livello della contemplazione, non deve mai desistere dall’impegno dell’azione, cercando con sforzo positivo di acquistare virtù e rigettare il vizio. Prassi e teoria, la vita attiva e la contemplativa, non dovrebbero essere considerate come alternative, né come due stadi, cronologicamente successivi, l’uno cessante quando l’altro inizia; ma piuttosto come due livelli d’esperienza spirituale interpenetrantesi e presenti simultaneamente nella vita di preghiera. 
Ciascuno deve lottare al livello della ‘prassi’ fino al termine della vita. Questo è il chiaro insegnamento dei Padri: «Il compito principale dell’uomo è d’essere memore di se stesso al cospetto di Dio, e di aspettarsi tentazioni fino all’ultimo respiro… anche chi siede nel deserto da eremita ha sfuggito tre guerre: udire, parlare, vedere; ma c’è una cosa che deve continuamente combattere – la battaglia che è dentro il suo cuore».

 
 
La Pacificazione è strettamente connessa con l’amore, ciò indica il contenuto dinamico e positivo del termine. Nella sua essenza fondamentale è uno stato di libertà spirituale, in cui l’uomo è capace di levarsi verso Dio con desiderio ardente. Non è una mera mortificazione delle passioni fisiche del corpo, ma anzi la sua nuova e rinnovata energia; è uno stato dell’anima in cui l’ardente amore per Dio e per l’uomo non lascia spazio che per le passioni capaci di elevare. A denotare il suo carattere dinamico, i Maestri usano la frase espressiva: al fuoco della Pacificazione. "
 

giovedì 11 agosto 2016

mercoledì 3 agosto 2016

Una vita presente

"Sono certo che non mi credete davvero, e forse non credete nemmeno che ci creda io stesso.
Eppure è la verità [...] non sto scherzando: è una cosa molto seria, [anche se] una simile affermazione è di per sé sconcertante.
Molti sostengono di ricordare una vita passata, ma io sostengo di ricordare un'altra, diversissima, vita presente.
[...]
Ho il sospetto di non essere l'unico ad aver fatto questa esperienza. Ciò che è unico è la mia disponibilità a parlarne."
[Philip K. Dick, 24 settembre 1977]


Wormhole - una porta


Invito


invita a un seminario teorico e pratico condotto dal Fondatore,
Sergio
VIGLIACCA PAURA


Argomenti trattati:
La paura di vivere come «malattia dell’anima»
e i disturbi correlati psichici e no,
il coraggio dell’Abbandono, la Volontà di fronte alla Necessità.
Il disorientamento polare come perdita del senso della vita...
... e altro-
 
Sabato 10 e domenica 11 settembre - Roma
 

 


domenica 31 luglio 2016

Guerra e Pace

Qualcuno mi parla di una guerra che sia stata dichiarata contro la pace.
Si può fare la guerra contro la pace? No, perché se c'è l'una cosa, non c'è l'altra.
Ma l'idea che la pace si ottenga combattendo e vincendo la lotta contro la guerra è ormai diventata usuale, e così si fa la guerra contro la guerra per produrre una pace, e si fa la guerra per mantenere la pace, e così via.
Si invocano sentimenti religiosi pacifici contro sentimenti religiosi guerreschi, da stabilire eliminando violentemente i secondi; quindi si pretende di far la pace contrapponendola guerrescamente, o anche intellettualisticamente, o persino filosoficamente alla guerra! Non è stupido?
Il conflitto è l'elemento sul quale, ontologicamente, si genera la vita la quale per sua natura è fondata sulla dualità e sui complementari funzionalmente opposti (maschio e femmina, ad esempio).
Il conflitto esiste finché esistono gli opposti complementari, e finché quindi esiste quella che abbiamo considerato fin qui essere vita.
L'Unità però è l'eliminazione della Dualità e - di conseguenza - del conflitto.
Il problema dunque, non è che Uno dei Due contendenti l'abbia vinta sull'altro, ma che ogni essere - individualmente, sapete? - divenga l'Uno che è, assorbendo il Due nell'Unità.
Il problema che si pone a questa umanità boccheggiante come i salmoni tornati alla loro origine, è di dare allora Vita ad una Vita che non sia più fondata sulla Dualità, ma sull'Unità.
Tema molto attuale, ma che è davvero troppo sfuggente per le coscienze umane che si ritengono fondate sulla ragione (duale!); allora è necessario - ancora individualmente, sapete? - stabilire una coscienza fondata sulla Intellezione, che è la visione diretta della Verità (che è per definizione Una) che il cuore contiene.
Se credete che siano parole, vi sbagliate; ma lo crederete fermamente finché non avrete il coraggio di verificare che si tratta non solo di fatti, ma dei soli fatti che corrispondono al Vero.

UNO scudo

giovedì 28 luglio 2016

Fuori e mai fermi

Dalla Nave dei Folli affascinato,
l'àncora getto sulla riva del fiume.
Un lieve, mobile, baluginìo di fiamma
l'acqua che scorre
spegne tra le schiume.

« Perché si vede sorgere d'un tratto la sagoma della nave dei folli, e il suo equipaggio insensato che invade i paesaggi più familiari? Perché, dalla vecchia alleanza dell'acqua con la follia, è nata un giorno, e proprio quel giorno, questa barca? ... La follia e il folle diventano personaggi importanti nella loro ambiguità: minaccia e derisione, vertiginosa irragionevolezza del mondo, e meschino ridicolo degli uomini. » [Michel Foucault]

Archeologia del sapere


Il Lavoro è simile a quello dell’archeologo, che scava per trovare un prezioso bene sepolto, antichissimo, una testimonianza della vita di qualcosa che non si osava sperare fosse mai esistito.

Il terreno di questo scavo è colui stesso che scava, e la Pratica è lo strumento con cui lo scavo, profondo e delicato, viene effettuato, nella pazienza e nell’attenzione.

Ogni volta esso rivela una piccola porzione dell’Essere, e lascia così immaginare il Tutto; ma ad ogni ulteriore porzione scoperta, il Tutto sembra doversi immaginare diverso, e sembra essere sempre più vasto di quanto lo si era osato immaginare.

Ciò dipende da un fatto particolare che solo sulla Via si verifica: è la Pratica a scavare, ma è la Pratica stessa – anche – a produrre quel bene sepolto che essa stessa porta alla Luce.

Perché solo sulla Via ciò si verifica? Perché l’archeologo porta alla Luce la testimonianza di ciò che è morto, la Pratica è vivificante e porta dunque alla Luce la testimonianza di ciò che è Vivo, e di ciò a cui solo il Vero dà Vita.


Scavando