venerdì 7 luglio 2017

Bello

Solo ciò che è utile può legittimamente aspirare all'armonia che lo renderà bello.
Il bello, nell'inutile, è sempre fatalmente grottesco.
Ciò vale per ogni opera, e massimamente per ogni opera vivente qual è l'Uomo.



mercoledì 14 giugno 2017

Libertà come diritto, libertà come rovescio

Finora l'idea di libertà è stata intesa come "libertà dal bisogno, libertà dalla paura", oppure come "libertà di scelta", a seconda che si ponesse l'accento su cosa o chi la togliesse all'uomo, o su cosa l'uomo se ne dovesse fare.
Oggi tutta l'Umanità ha bisogno ed ha paura; e quindi, non avendo libertà, non si pone neanche il problema di come usarla. A parte, certo, quegli atti formali (come le elezioni) che ne sembrano esercizio, ma che sono - di fatto - vacui ritualismi.
Non molti, riflettendo sulle condizioni globali in cui l'Umanità versa, si sono accorti che - come per molte altre cose in questi tempi - causa ed effetto si sono scambiati le rispettive polarità. Dal che deriva che il bisogno e la paura non sono causa di perdita di libertà, ma effetto dell'assenza di scelte.
Come ho detto altre volte, la scelta presuppone almeno una dualità (di possibili); quando invece l'Unità la riassorbe in sé, non c'è più scelta, e la possibilità diventa Necessità; più che bisogno.
Questo dovrebbe (e non mancherà di farlo, alla lunga) mutare le coscienze. Perché diverso è l'animo di un viaggiatore che si trovi su un lungo rettilineo senza diramazioni e che non possa tornare indietro, né fermarsi, dal momento che il suo andare si chiama vita. Costui non può che osservare cosa ha davanti man mano che avanza, pronto a reagire se necessario; la paura sarebbe quella di non saper affrontare la difficoltà ignota che si presenti, ma soprattutto la percezione che - della sua vita - sia padrone qualcun altro.
Questo è il momento che vive la sovra-coscienza complessiva dell'Umanità, e che - individualmente - ognuno percepisce come sua propria. E questa è un'altra, necessaria, presa d'atto del fatto che qualcosa è davvero fattore di cambiamento globale solo quando ciò che è singolare è anche, e totalmente, plurale; cioè quando si insedia l'Unità Unica.
Quelli attenti ai fenomeni la chiamano globalizzazione, ma non è un'ammucchiata come la parola sembrerebbe adombrare: è una essenzializzazione.
Paradossale come questo fatto, che è il compimento - se vogliamo glorioso - di una promessa persino evangelica fatta all'Uomo, lo terrorizzi tanto..., ma a terrorizzarsi è appunto l'uomo, non l'Uomo che con ciò si realizza e che si esalta alla scoperta che è nel non avere scelta che si esprime, totale e reale, la propria Libertà.

Colpire di rovescio


martedì 13 giugno 2017

Il sogno di Giano

Non si tratta di essere guardiani della soglia, che si voglia dare a questa funzione un carattere negativo o positivo, spaurente o rassicurante: si tratta piuttosto di essere la soglia.
Questa posizione è necessariamente statica, perché permanente. Non è quella della porta, capace di girare sui propri cardini per chiudersi o aprirsi, ma quella del limen.
Se il nome di questa porta è Janua (in latino), il nome del limen è il suo maschile, Janus.
All'origine del ciclo (Giano è un dio delle origini, un demiurgo creatore, un iniziatore di cicli) egli è sintesi di due aspetti, il femminile e il maschile, ché è nella loro unione che i varchi possono aprirsi o chiudersi, e più precisamente nel tempo limitato in cui essa si realizza sul piano fisico (non solo metafisico!). L'unione infatti stabilisce quella parziale sovrapposizione (la superimposizione cosmica di W. Reich) di manifestato e non-manifestato che è un ambiente - assai provvisorio -, un habitat per ciò che essendo, si sta appalesando sul piano dell'esistente. Quel luogo è molto simile alla foce di un grande fiume in cui acque dolci e salate, fredde e calde, si mescolano agitandosi. Quello è un varco, ma anche utero in cui forme nuove si producono e si accrescono.
Alla fine del ciclo, Janus è il varco in sé, e le due facce non rappresentano più una dualità (di qualsiasi natura), dal momento che l'Unità la ha riassorbita, ma piuttosto lo sguardo contemporaneo non sul passato e sull'avvenire (come è comunemente inteso) ma quello circolare e immediato sul Tutto che è diventato Uno..
L'elemento di diversificazione delle acque fiumane e marine è il sale, e basta ritirarlo perché la diversificazione non vi sia più, non vi sia più il varco e le nuove manifestazioni non possano più rendersi tali.
Ma se non ci fosse più il sale, ogni acqua sarebbe dolce, ogni acqua sarebbe acqua di fiume e non si potrebbe parlare più di mare in quanto funzione materna, matrice o brodo primordiale... esisterebbero solo le acque fredde e dolci, quelle paterne che scendono a riempire ogni depressione, ogni vuoto, dalle vette delle loro fonti.
Giano cessa la sua funzione e si addormenta. Non dormirà di giorno, né di notte, complementari ormai riassorbiti... non dormirà nel tempo, ma il nuovo ciclo sarà forse il sogno che farà.

giovedì 8 giugno 2017

Dei miracoli

C'è chi, sapientemente, ha detto che "il miracolo è come il sorgere del sole: esso preesiste nell'ordine divino e si manifesta soltanto in funzione di un'apertura umana; così il sole appare perché la terra si volge verso di lui, mentre in realtà è immobile rispetto alla terra. La natura è simile a un velo mobile davanti a una soprannatura immobile". (1)
Per questo il miracolo, che è permanente, è invisibile e quindi per definizione non manifesto, dunque inattuato, finché il possibile miracolato non gli si volga e lo veda. L'attuarsi del miracolo, ancora una volta, è una questione di coscienza.
Si dice che esso si realizzi quando il credente ha fede: e ciò è molto vero quanto molto incompreso. La fede è una condizione - anch'essa della coscienza - per la quale ogni cosa è percepita nella sua contemporaneità e non nella sua sequenza temporale, cosicché quanto si vede realizzabile (in futuro) è con questa visione reso realizzato (nel presente); la fede non è speranza, è visione. E la visione non è senso della vista ma percezione istantanea e permanente del tutto. Quindi è da distinguere chi ha fiducia da chi ha fede, poiché la prima cosa è un sentimento, la seconda una facoltà che - giustamente - viene dichiarata "dono di Dio".
Fare miracoli è volgere lo sguardo all'Essenziale, osservarne un aspetto e con ciò realizzarne la qualità nel manifestato: una cosa simile a guardare Gesù senza riconoscere il Cristo; o, all'opposto, vedere il Cristo attraverso la velatura trasparente di Gesù.

La fine di un'epoca è contrassegnata dall'ispessimento del velo, tale da rendere impossibile attraversarlo con lo sguardo perché diventato materia pesante; e quel velo è, lo ripetiamo, coscienza. Impossibili dunque i miracoli, impossibile vedere la soprannatura immobile...
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(1) F. Schuon

Piazza dei Miracoli


martedì 6 giugno 2017

Singolarità

L'uomo che possa autodefinirsi individuo, e dunque "singolarità", si renda consapevole di essere - perciò - una stella collassata.

lunedì 5 giugno 2017

Buchi (neri)

Le poche frasi che seguono sono estrapolate dal testo di un paio di lezioni divulgative tenute da Stephen Hawking per la BBC, con l'intervento di un giornalista (che qui riporto in blu) che contribuisce a chiarirne alcuni punti.
Chiunque abbia avuto la pazienza di frequentarmi e si sia convinto che la Conoscenza sia avvicinabile per via analogica molto meglio che per via analitica, vi troverà forse degli spunti di riflessione non sulla fisica teorica ma sulla propria esistenza contemporanea e su alcuni dei temi più radicali che turbano le coscienze incapaci di comprendere i mutamenti in corso.

"...una stella sferica, simmetrica e uniforme sarebbe destinata a contrarsi fino a ridursi a un singolo punto di densità infinita. Questo punto viene chiamato singolarità... Una singolarità è il risultato a cui si giunge quando una stella gigante si contrae in un punto incredibilmente piccolo... non si riferisce solo alla fine di una stella, ma anche a un'idea molto più fondamentale riguardante il punto d'inizio della formazione dell'intero universo."

"Anche se durante la vostra caduta in un buco nero non notereste nulla di particolare, un osservatore remoto non vi vedrebbe mai attraverso l'orizzonte degli eventi. Ai suoi occhi, il vostro moto subirà un progressivo rallentamento e il vostro corpo sembrerà librarsi appena sopra l'orizzonte. La vostra immagine si farà via via più debole e più rossa finché non sparirete del tutto alla vista; a quel punto, per quanto riguarda il mondo esterno, sarete perduti per sempre."

"...l'intero spazio è pieno di coppie di particelle e antiparticelle virtuali, che continuano a materializzarsi a due a due per poi separarsi e tornare infine a unirsi annichilendosi a vicenda.
[...] Ora, in presenza di un buco nero, un membro di una coppia... potrebbe cadere nel buco, lasciando così l'altro membro senza il partner necessario per la propria annichilazione. La particella (o antiparticella) rimasta sola potrebbe a sua volta cadere nel buco nero dopo la sua compagna, ma potrebbe anche riuscire a fuggire allontanandosi nello spazio esterno, dove apparirebbe come una radiazione emessa dal buco nero."

"... è possibile cadere in un buco nero per poi uscire in un altro universo? ... ciò potrebbe essere possibile... non si potrebbe però tornare nel nostro universo... Il messaggio che vorrei lasciare è che i buchi neri... non sono quelle prigioni eterne che credevamo. Le cose possono uscire da un buco nero sia in questo universo sia - magari - in un altro. Così se vi sentite in un buco nero, non vi arrendete: c'è sempre una via d'uscita!"

Infine, tratta dalla postfazione di M. Cattaneo, direttore de "Le Scienze":
"All'inizio del 2016, [...]  l'11 Febbraio le collaborazione LIGO e Virgo hanno annunciato la prima osservazione diretta delle onde gravitazionali previste dalla relatività generale. Il segnale misurato è stato prodotto dalla fusione di due buchi neri rispettivamente di 36 e 29 masse solari che cadevano l'uno verso l'altro in una traiettoria a spirale. E' stata dunque anche la prima osservazione di un sistema di buchi neri."

Vi sono molti altri spunti di riflessione, e molte argomentazioni che chiariscono come si giunge alla formulazione delle frasi che ho estratto, ma li lascio scovare a chi vorrà leggere questo facile librettino.



sabato 13 maggio 2017

Sulle regole

E' noto che nelle comunità monastiche di ogni genere vi sia qualcosa che si chiama Regola. Spesso scritta e approvata dalle autorità ecclesiastiche, in altri casi essa è, meno formalmente, legata a una sorta di codice di onore che i partecipanti a un conclave stabiliscono consensualmente come strumento attraverso il quale praticare la propria Via e rispettare gli altri compagni che con loro la condividono.
Al di là delle formalità e dei formalismi rituali, e al di là dei regolamenti sociali e polizieschi, questa speciale Regola si fonda sul rispetto di sé, degli altri, e della Cosa che insieme si fa; contrariamente alle leggi poliziesche, non si dovrebbe trovare quindi, tra i liberi contraenti, alcuno che desideri aggirare o addirittura violare tale Regola, per il semplice motivo che - mentre per le leggi poliziesche chi lo fa e viene scoperto (cosa questa non così automatica) viene punito in modo coercitivo e vendicativo - per i violatori della Regola monastica d'onore la pena è l'inutilità di ogni sforzo fatto nella direzione della spiritualità che ci si era ripromessi di raggiungere. Per chi è sincero in questo suo desiderio, è la pena più dura, assoluta e impietosa che si possa ricevere; ed è automatica, nel senso che non richiede di venire scoperti, e quindi non prevede alcuna indagine, né giudici né alcun detective.
In che cosa consiste una Regola, dunque? In alcuni impegni ed accorgimenti, di solito ritmicamente ripetuti, nella costanza, nel dare seguito alla parola data, nell'azione che segue senza fallo l'intenzione dichiarata. Nel rispetto, poi (questo fondamentale) di ogni altro contraente e dell'impegno che questi ha preso. Non vi sono sotterfugi, bugiòle, scuse che tengano. La Regola non è aggirabile né modificabile, né piegabile alle proprie esigenze, una volta che la si sia abbracciata. Farlo è starne fuori, il che equivale a star fuori da quella comunità, che ciò sia apertamente dichiarato da qualcuno, oppure no. I fatti, lo dichiarano.
Se c'è un antico cipresso in un giardino, e vi si pianta accanto un giunco nel desiderio che i due alberi si fondano in una sola creatura (che è in fondo la finalità di una comunità spirituale), è il giunco che deve piegarsi attorno al cipresso, ché il cipresso non può (né deve!) farlo. Chiedere e credere che il cipresso si pieghi attorno al giunco è follia, pretesa assurda, arroganza e totale incomprensione di come stiano di fatto le cose. Cosa fa la Regola? Dice come piegare il giunco attorno al cipresso, ne indica il modo migliore e più rapido e diretto.
Chi comprende questo fatto si pone con questo in una sorta di élite che è fatta di gente d'onore, gente seria, che rispetta se stessa e gli altri, che si muove sicura e senza deviazioni verso l'obiettivo che si è data mentre intorno gli altri si agitano in uno spettacolo grottesco improntato al motto "io speriamo che me la cavo", e lo fanno sperando di non venire scoperti. Persone, queste, che il saggio osserva con un sorriso tuttavia di benevolenza compassionevole, ché di meglio non sanno fare.
Chiedo non molto, chiedo solo che la Regola sia rispettata: quella vera, eterna che nessun parlamento ha mai potuto scrivere. Chiedo di intrattenermi solo con gente d'onore, che liberamente la rispetti senza alcuna deroga, gente di cui possa fidarmi senza dubbio alcuno.


Regola che non si usa più usare