sabato 5 gennaio 2019

Domande patogene

La domanda "qual è il senso della vita?" è notoriamente senza senso, perché non ha risposta. Se si cerca tra libri, detti ed aforismi, trovate miliardi di risposte, senza senso.
Ma la domanda che ogni essere umano si fa, più o meno coscientemente, è "qual è il senso della mia vita?" E qui non trovate nessuno - o quasi -  che dichiara di farsela, perché quel mia cambia tutto: se è mia, posso farne quel che voglio, e ne sono responsabile... troppa responsabilità!.
Si tratta infatti di una domanda angosciante, alla quale occorre trovare una qualche risposta, e subito, perché la vita va, e se si trovasse la risposta tardi, potrebbe essere troppo tardi.
D'altra parte, venire al mondo è come trovarsi in una foresta vergine, senza conoscere luoghi da raggiungere o percorsi e senza neanche sapere se non si tratti semplicemente di restare fermi lì dove si è. E così ci si perde... quasi inevitabilmente.

Rimasto nella foresta...
Per sfuggire a questa angoscia, allora ci si danno delle risposte; a volte sapendo di mentire a se stessi, a volte no... ma comunque si danno le risposte che consentono di vivere con una specie di significato o di utilità, non importa se falsi o ingannevoli.
Dunque, accade che ci siano esseri che non sanno dare una risposta alla loro domanda e un senso alla loro vita, e che per questo ne vengono travolti e vi si ammalano; a volte la disperazione è tale che, senza accorgersene, aggrediscono se stessi causando un lento suicidio. Ed accade che chi si è salvato da questa angoscia inventandosi un senso, si accorga, alla fine, dell'inganno: chi ha dedicato la vita a un compagno/a, chi ai figli, chi al lavoro, chi ad un ideale, chi a un Dio inaccessibile... e alla fine ha dovuto scoprire (ma era ormai troppo tardi) che amante, figli, lavoro, ideale e Dio potevano far a meno di lui... frustante, deludente, deprimente... e così anch'essi si ammalano (il "si" riflessivo intende dire: io ammalo me stesso, che non è lo stesso del dire: una malattia mi ha aggredito).
La clinica chiama questo tipo di malattie ad eziologia sconosciuta, perché trascurano il fatto che non vengono da fuori, ma da dentro.
Dunque rispondere alla domanda: a cosa serve la mia vita? diventa una necessità medica, oltre che esistenziale; ma la risposta è purtroppo meta-fisica, e quindi non considerata scientificamente attendibile. Trascurando con il fatto che esiste una scienza sacra. Ma non se ne trovano i laureati, né i professori... Però, piuttosto che inventarsi risposte false e fingere di vivere, forse bisognerebbe lo stesso cercare gli insegnanti di questa scienza, anche se non ci sono... perché sono della natura di quelli che ci sono solo quando li si cerca.

venerdì 4 gennaio 2019

La Regola, i regolamenti e le relative regolazioni.

Alcuni si riferiscono al rispetto delle regole come fattore morale. Altri si ribellano ad esse ritenendole imposizioni da parte dei potenti; oppure le ritengono le basi di un qualsiasi rapporto inter-personale per lo stesso motivo per cui, chiunque giochi a qualcosa, può farlo solo con antagonisti che condividano le "regole del gioco" e vi si attengano per convenzione. In generale si ritiene che le regole qualcuno le faccia ed altri vi si attengano, più o meno liberamente.

Ebbene, no.
La Regola (come quella monastica, volendo) è una disciplina, e la disciplina nulla ha a che vedere con le imposizioni e le punizioni. La disciplina è trovare un ritmo, il proprio, e il ritmo, anche se può essere usato per misurare il tempo, produce eternità in chi lo segue.
La Regola è un Assoluto (si intende un valore ontologico non relativizzabile in compromessi ed adattamenti); perché non si applica mai relativamente alle necessità del momento o di qualcuno, non ha gradazioni di nettezza; è essa stessa la Necessità a cui ci si deve adattare, o starne fuori.
La Regola è un ritmo armonico, come quello fissato - ad esempio - dal rapporto stabilito dal numero aureo tra le dimensioni. E' l'apparire della bellezza nella sua maestosa magnificenza. Adottare la Regola vuol dire partecipare al Tutto collocandosi in rapporto armonico con ogni altro elemento "regolato"; far propria la Regola vuole dire essere in Armonia (cioè nell'Armonia come parte di essa), e quindi viaggiare (o vivere) sull'onda portante positiva che la Bellezza manifesta e genera insieme.
Star fuori dalla Regola (magari per poter rispettare i regolamenti e non farsi punire, perché a volte i regolamenti sono regolamenti di conti), è rompere l'Armonia, creare disordine, bruttezza infinita e condannare chiunque vi capiti in mezzo a diventare brutto per puro e solo adattamento di sopravvivenza; pusillanime, impaurito, umiliato, bisognoso, triste, disperato.
La Regola è per gli Uomini, ce l'hanno dentro; i regolamenti non sono per gli uomini... e dunque è difficile definire il grado di umanità di chi li fa e di chi li segue a capo chino... ma, certo, questa sì è una... umanità relativa.

Conoscenze centrifuga e centripeta.

Se si considera la Conoscenza da un lato come il progressivo accumularsi di informazioni e deduzioni logiche in una zona definibile come "mente", e dall'altro come la progressiva incarnazione di facoltà disponibili in potenza nella struttura umana, si può vedere come le due forme abbiano dinamiche assai diverse e descrivano mondi (o Creazioni) diversi.
La prima indaga all'interno di una immaginaria sfera che contiene il mondo naturale esteso, giungendo fino ai suoi limiti per ritornare poi a un punto sincretico centrale, in modo centripeto; la seconda produce un movimento spiralico centrifugo che tende a far sfuggire l'uomo dalla sfera che - nell'altra - lo contiene.
Quindi quella parte di umanità che sfugge alla creazione in cui è stata generata, è quella stessa parte che produce il seme di una nuova Creazione nel luogo al quale approda, e le due Conoscenze che sostengono queste due umanità sono diverse per struttura e per contenuto, sono diverse per oggetto dell'indagine che le produce.

Conoscenza centripeta e centrifuga
Le due forme comportano la produzione di due Menti diverse, la prima delle quali è analitica e fondamentalmente scientifica, utile all'uomo per collocarsi al meglio all'interno della creazione dalla quale origina; l'altra è globale, non residente esclusivamente nel cervello, ma estesa all'intero organismo. E'questa una mente che opera, non sa; produce, non indaga; diventa ciò che impara, sa solo quel che è, e che è - potenzialmente - tutto.
Queste due menti sono proprie di due tipi diversi di umanità, che convivono (o hanno finora convissuto) alieni l'uno all'altro, ma irriconoscibili l'uno all'altro finché non si tocchi il piano delle diverse conoscenze. E questo, finora, non lo si è mai fatto.

giovedì 27 dicembre 2018

La verticalizzazione delle dinamiche sociali

Qualcuno ha fatto acutamente notare come le categorie tradizionali del pensiero politico, quelle di Destra e di Sinistra, siano ormai state sostituite da quelle di Sopra e di Sotto, che rappresentano chi è molto ricco (di soldi e di potere) contro chi è molto povero (di entrambi).
La cosa prescinde da ogni ideale di uomo o società: è una mera questione di facilità o difficoltà a sopravvivere.
Dunque le Istituzioni, che erano state costituite (con la Costituzione, appunto) in modo che ogni Potere controllasse gli altri, al fine di garantire la democrazia, l'equità e la giustizia, se costituivano il migliore campo di gara degli ideali sociali, sono però un campo di gara orizzontale (destra e sinistra sono categorie dello spazio orizzontale), che oggi non riesce ad essere adeguato più di quanto una pista di pattinaggio artistico sia adeguata a una gara di arrampicata sportiva.
Per questo motivo si assiste a una inevitabile paralisi delle funzioni vitali delle Istituzioni, che sono semplicemente vanificate, perché non costituiscono più il luogo in cui si gioca la partita.
Come chi scrive ha avuto modo si far notare in più occasioni dal suo particolare punto di vista, l'oscillazione dialettica tra polarità si è spostata dal braccio orizzontale della croce (che non è un mero simbolo, ma un archetipo dei moti della Vita) a quello verticale, rispondendo alla generale tendenza (manifestatasi per questa fase negli ultimi trent'anni) di tutto quanto è a Sud a spostarsi verso il Nord (vedasi in questa chiave così le migrazioni, come i movimenti delle placche tettoniche, che sono prodotte dallo stesso movimento generale).
Sul piano sociale, però, quando la dinamica si svolge sull'asse verticale, le forze che stanno sotto tendono ad accumulare energia progressivamente, come avviene in una camera magmatica: sebbene sulla bocca del vulcano vi sia un tappo che per un po' regge, alla fine il tappo salta ed avviene un'eruzione.
Le dinamiche su l'asse verticale sono dunque quelle che producono le rivoluzioni e le contro-rivoluzioni autoritarie, e che finiscono per rispondere solo alla violenza di forze dirompenti e incontrollabili: cosa questa temutissima... (non la violenza, ma la perdita del controllo!).
E' vero che sembra che le forze magmatiche siano al potere, ma non è così: sono costituite da  arrampicatori sportivi che si arrampicano sul piano ghiacciato e orizzontale di una pista di pattinaggio. Pista molto molto scivolosa, e che - di certo - non condurrà mai in alto.
Si dice qui questo senza altro fine che osservare la verità apodittica di un processo la cui distruttività può essere contenuta solo dalla presa d'atto della sua ineludibilità. Al di là c'è una crescita certa; ma no del PIL, delle coscienze.

martedì 18 dicembre 2018

Profili

Ai bambini di quattro o cinque anni si insegna a colorare delle figure di cui esistono solo i contorni, "rimanendo nei margini". Questo insegnamento, che corrisponde secondo la pedagogia all'acquisizione di una capacità cognitiva, può avere due significati, che solo l'età adulta potrà rivelare: il riempire con attenzione dei vuoti lasciati da altri, e farlo secondo la propria intuizione di armonia e bellezza; o non superare i limiti o i confini da altri stabiliti,
Però, da tempo, è invalsa nel mondo del lavoro, l'abitudine di richiedere non più persone, ma profili, posizioni, figure... cosicché si chiede ad adulti di riempire di se stessi margini stabiliti da altri, e di farlo secondo le regole da questi stessi stabiliti: il rosso lì, lì il verde e lì il giallo... colorando la propria persona (che così diventa un vuoto di cui sono visibili solo i contorni) dei colori voluti. Di conseguenza, essendo invalsa anche l'abitudine di considerare lo studio come preparazione a un lavoro, esso diventa l'addestramento a riempire i profili; e allora non si sviluppano più le qualità degli studenti, né si ha alcuna cura della loro umanità, ma le si piegano alle esigenze delle posizioni più richieste. Questo modo di fare è ritenuto - dai politici e dagli imprenditori - virtuoso.
E infine, quando tutti i profili saranno riempiti (esisteva un test psichiatrico che si chiamava "Test delle figure da colorare"), non lo saranno da uomini, ma da competenze; con la stessa logica con la quale, dovendo acquistare una lavatrice, qualcuno sceglie tra le offerte del mercato, quella che ha le dimensioni e la capienza richiesta, e il miglior rapporto qualità/prezzo. Alla lavatrice non è richiesta umanità.
Il lavoro è la manifestazione dell'umanità, come l'uomo è la manifestazione di Dio. Una concezione del lavoro così, è una bestemmia.


venerdì 14 dicembre 2018

Conchiglie ed uragani

Quando un cucciolo (non importa di quale specie, comunque anche di quella umana) sopravviene al mondo, dispone (come ogni genitore constata) di una qualche tendenza innata che in somato-psico-energetica è chiamato temperamento, e che si distingue dal carattere perché - a differenza di quest'ultimo - la sua formazione non può essere attribuita a condizionamenti ambientali o relazionali.
A ben guardare, le tipologie di tali tendenze possono essere ridotte a due: la tendenza adattivo/conservativa e la tendenza evolutiva. Forse è stata l'osservazione di questo fatto a far distinguere a qualcuno tra Figli degli uomini (quelli con la prima tendenza) e Figli degli uomini che sono figli di Dio (gli altri).
In verità, la dialettica tra le due forze (complementari) è quella che sostiene ogni processo, sia biologico che  - di conseguenza - psicologico; così che, sebbene individualmente una delle due possa nettamente prevalere sull'altra, le due forze sono inscritte nel funzionamento stesso degli organismi.
Al di là però di questi aspetti operanti, esse hanno anche una loro oggettività assoluta che le mostra come funzioni, tanto che è possibile riconoscere nella femminilità e nella virilità le due manifestazioni più evidenti di esse. Ed è forse per questo che qualcun altro ha voluto vedere in ciascuno la coesistenza di anima ed animus, come archetipi psichici operanti.

La coesistenza e la interazione di queste forze è quella che determina la spirale, la stessa che produce la conchiglia e l'uragano: la conchiglia è buon simbolo di conservazione/adattamento, l'uragano di evoluzione drastica, capace di distruggere ogni cosa che gli preesista; nella conchiglia è l'evoluzione che chiede di essere conservata; nell'uragano è l'adattamento che chiede di essere stravolto perché ormai mortifero, prima che sia troppo tardi.
Ecco che, in condizioni estreme, deve per Necessità apparire il temperamento dei viventi, la loro consapevolezza di appartenere alla genìa dei Figli degli uomini o dei Figli degli uomini che sono figli di Diola loro coscienza di esprimere funzionalmente ed assolutamente una sola delle due forze con l'intero proprio essere, senza dialettiche o dinamiche interne; deve necessariamente, in altre parole manifestarsi di fatto un superamento della condizione umana che vive di queste dinamiche.




giovedì 13 dicembre 2018

Crème de la crème

I concetti di competizione/competitività, da cui discendono quelli di merito/meritocrazia, di concorrenza/libero mercato e di premio, sono intrinsecamente errati. Sebbene essi siano socialmente considerati come una sorta di legge morale, non corrispondono infatti con la necessaria coerenza a leggi naturali assai più grandi e determinanti, alle quali, volenti o nolenti, le società umane (e più estesamente "organiche") devono assoggettarsi.
L'élite, in natura, ha un compito che è di servizio: quello di realizzare in piccolo conoscenze concrete e salti evolutivi da estendere all'intera comunità di cui sono parte, secondo le regole della risonanza morfica. Quindi essa potrà avere come premio il solo raggiungimento di questo scopo, mancando il quale sarà invece rimarcata severamente, dalla natura stessa, la sua inutilità fallimentare.
I membri di una élite sono esseri al servizio, non privilegiati; anzi, in natura, vengono loro consegnati i compiti più difficili, gravosi e meno gratificanti, perché essi vivono per sperimentare evoluzioni, ed hanno a disposizione come laboratorio solo se stessi.
L'idea che una evoluzione sociale consista nella scoperta di nuovi strumenti tecnologici sempre più raffinati (ed inutili) da vendere, e che l'élite sia quella di chi è in grado di progettarli, è il prodotto di una monetizzazione delle qualità umane, ma non corrisponde ad alcuna legge naturale superiore; è destinata dunque a produrre effetti simili a quelli di chi costruisca grattacieli sulla spiaggia, mentre si innalzano i livelli dei mari.