giovedì 13 dicembre 2018

Crème de la crème

I concetti di competizione/competitività, da cui discendono quelli di merito/meritocrazia, di concorrenza/libero mercato e di premio, sono intrinsecamente errati. Sebbene essi siano socialmente considerati come una sorta di legge morale, non corrispondono infatti con la necessaria coerenza a leggi naturali assai più grandi e determinanti, alle quali, volenti o nolenti, le società umane (e più estesamente "organiche") devono assoggettarsi.
L'élite, in natura, ha un compito che è di servizio: quello di realizzare in piccolo conoscenze concrete e salti evolutivi da estendere all'intera comunità di cui sono parte, secondo le regole della risonanza morfica. Quindi essa potrà avere come premio il solo raggiungimento di questo scopo, mancando il quale sarà invece rimarcata severamente, dalla natura stessa, la sua inutilità fallimentare.
I membri di una élite sono esseri al servizio, non privilegiati; anzi, in natura, vengono loro consegnati i compiti più difficili, gravosi e meno gratificanti, perché essi vivono per sperimentare evoluzioni, ed hanno a disposizione come laboratorio solo se stessi.
L'idea che una evoluzione sociale consista nella scoperta di nuovi strumenti tecnologici sempre più raffinati (ed inutili) da vendere, e che l'élite sia quella di chi è in grado di progettarli, è il prodotto di una monetizzazione delle qualità umane, ma non corrisponde ad alcuna legge naturale superiore; è destinata dunque a produrre effetti simili a quelli di chi costruisca grattacieli sulla spiaggia, mentre si innalzano i livelli dei mari.


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