venerdì 7 aprile 2017

Doveri coniugali

Un tale monaco, che praticava da anni sotto la direzione di un illustre maestro spirituale e che si era sempre dimostrato molto attento e solerte nell'esecuzione dei compiti che gli venivano affidati, giunto ad una età matura passata quasi interamente in preghiera, sentì bussare un giorno alla sua cella.
Aprì, e trovò un novizio che, dopo un breve inchino (omaggio alla sua anzianità), ma con il sorriso sulle labbra (omaggio alla propria giovanile arroganza) gli comunicò che il maestro gli ordinava di rendere conto, alla fine di ogni mese, di ogni volta che avesse mancato alla sua preghiera giornaliera; e che doveva dare questa comunicazione a un altro novizio, arrivato da tanto poco che il monaco non lo conosceva nemmeno.
Il monaco chinò il capo e tacque, ma provò una forte ribellione e una rabbia quasi incontenibile. Ma la lunga pratica del silenzio e della pazienza ebbero il sopravvento, e si concesse qualche tempo di meditazione prima di esprimere le sue emozioni.
Il giorno dopo, uscito nel chiostro per le sue orazioni (che era uso fare passeggiando assorto in esse) si accorse di uno strano fenomeno: non ricordava più le parole delle preghiere che faceva ogni giorno da decenni. E si disse: "Ecco, il fatto stesso di dover fare ciò che volevo fare, diventa un disturbo e un impedimento." E la sua rabbia aumentò.
Il caso volle (ma il caso, si sa non esiste) che il suo maestro passasse di lì in quel momento di smarrimento, di vuoto mentale, di dimenticanza e di rabbia; il monaco non poté fare a meno di avvicinarsi a lui e con rispetto, ma col tumulto nel cuore, lo apostrofò:
- "Maestro, mi hai fatto ordinare da un novizio di far sapere a uno sconosciuto del mio incontro quotidiano con Dio; è una cosa privata, è una cosa che riguarda solo Lui e me e alla quale, tu lo sai, io non manco mai da anni, perché quella preghiera è il mio conforto, il mio luogo d'incontro col Padre. Perché hai voluto ferirmi? Mi sento come uno sposo che, innamorato perso della sposa, la desidera appassionatamente e ogni notte va da lei per esserne accolto teneramente, e che si vede ordinare di farlo perché si tratta di un dovere coniugale! La dolce tenerezza diventa la fredda obbedienza a un ordine superiore! Un ordine a me, che non ne avevo certo bisogno!"
Il maestro ascoltò con viso serio e attento.
- "Se ciò che vuoi fare con piacere è esattamente ciò che devi fare, perché non sopporti che ti si chieda di renderne conto?"
- "Perché la mia libertà di amare diventa obbligo di amare chi altri vuole, e perde di intensità."
- "E al contrario la tua libertà, quella che il tuo amore quotidiano ha prodotto, non consiste proprio nel fare ciò che ami appassionatamente fare e che, se non lo amassi, dovresti fare per obbligo? La tua libertà è nel tuo amore, e ora lo sai. Chi ama può dimenticare la maniera di dimostrarlo, come tu dimentichi le parole della preghiera, ma se è sincero, prega vivendo ogni momento la sua stessa vita e rimproverandosi per le sue dimenticanze.
Sei libero perché ami, e per quanto riguarda me, puoi lasciare questo luogo e andare a predicare libertà nel mondo."
Il maestro si allontanò, ma - fatti alcuni passi - si voltò e aggiunse: "Ma non dimenticare di notificare le tue dimenticanze al novizio ogni fine mese..."
- Lo farò - rispose il monaco - perché non ho più maestri da ora, ma sono diventato il servitore dei novizi... a loro devo rendere conto!"



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